Il Rapporto 2018 sul riutilizzo di Utilitalia

I beni durevoli riutilizzabili, come mobili, libri, giocattoli, oggettistica, elettrodomestici che potrebbero trovare nuova vita senza passare dagli impianti di riciclo, ammontano a 600.000 tonnellate annue, circa il 2% della produzione nazionale di rifiuti. Questo quanto emerge dal Rapporto nazionale sul riutilizzo 2018, realizzato da Occhio del riciclone in collaborazione con Utilitalia (la Federazione delle imprese italiane dei servizi idrici, energetici e ambientali). Queste 600mila tonnellate non vengono quasi mai riutilizzate, come documenta il rapporto, e il danno ammonta a circa 60 milioni di euro l’anno relativo ai costi di smaltimento senza considerare il valore degli oggetti di seconda mano.

Per far decollare il riutilizzo dei beni durevoli, dice il Rapporto, oltre ai centri di raccolta, sono necessari impianti di “preparazione per il riutilizzo” che funzionino su scala industriale. Attraverso un’autorizzazione al trattamento, un impianto può ricevere rifiuti provenienti dai centri di raccolta comunali e dalle raccolte domiciliari degli ingombranti e reimmetterli in circolazione dopo igienizzazione, controllo ed eventuale riparazione. Quello che manca sono però i decreti ministeriali che dovrebbero chiarire le procedure da seguire per questo tipo di trattamento.

«Le aziende di igiene urbana – sottolinea Filippo Brandolini, vicepresidente Utilitalia – svolgono un ruolo cruciale nella transizione verso un’economia circolare. Sempre più spesso, infatti, non si limitano a gestire i rifiuti conferiti dai cittadini ma diventano promotrici di iniziative innovative che, come nel caso del riutilizzo, alimentano filiere al alto valore (umano, ambientale, economico e sociale) aggiunto. Per questo Utilitalia, da sempre in prima fila nella promozione di politiche di prevenzione dei rifiuti, dialoga apertamente con le amministrazioni e il mondo dell’usato per cercare insieme modelli, sinergie e forme e di collaborazione che sappiano promuovere un utilizzo efficiente e sostenibile delle risorse ambientali e umane».

Le filiere del riutilizzo più articolate e strutturate – si legge nel rapporto – sono quelle degli indumenti usati: nel 2016 sono state infatti raccolte 133.300 tonnellate di rifiuti tessili e il 65% di questi è stato riutilizzato (il rimanente 35% è stato avviato a riciclo, recupero o smaltimento).Questi numeri aiutano a impostare una strategia utile al Paese: è necessario incrementare il più possibile il riutilizzo, che la gerarchia europea dei rifiuti pone al di sopra del riciclo e secondo soltanto alla prevenzione, ma è anche necessario sapere fin dove si possono attualmente spingere i limiti del riuso.

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