Una Delibera per la Strategia Energetica Nazionale

a cura di  Andrea Barbabella

Il 24 maggio si è tenuto a Roma, presso la sede della CGIL nazionale, un seminario di lavoro organizzato dalla Fondazione.

 

Oggetto dell’incontro la proposta di Delibera CIPE sulle emissioni nazionali di gas serra, i cui contenuti sono stati illustrati dall’Ing. Natale Massimo Caminiti (di cui si allega la presentazione), membro della segreteria tecnica del Sottosegretario di Stato del Ministero dell’Ambiente.

 

La Delibera, attualmente in discussione al CIPE, aggiorna e integra il Piano nazionale per la riduzione delle emissioni di gas serra del 2002. Il documento è di particolare rilievo in quanto fornisce un input importante per l’elaborazione della Strategia Energetica Nazionale (SEN), e potrebbe pertanto migliorare il coordinamento tra la pianificazione del sistema energetico nazionale e quella delle emissioni di gas serra.

 

In estrema sintesi, la Delibera contiene:

 

• una verifica aggiornata del grado di raggiungimento del target fissato per l’Italia nell’ambito del Protocollo di Kyoto;

• la presentazione di due scenari, uno tendenziale e uno “con misure”, messi in relazione agli obiettivi per l’Italia del Pacchetto Europeo 20-20-20, distinti in ETS (sotto Direttiva Emission Trading Scheme per i grandi impianti) e non-ETS (principalmente trasporti, settore civile e piccola industria);

• le indicazioni per ulteriori misure da implementare per accompagnare in modo strutturale il processo di de-carbonizzazione dell’economia nazionale. La presentazione del documento e il dibattito che ne è scaturito hanno fatto emergere alcune questioni rilevanti, anche ai fini della stessa Strategia energetica.

 

Secondo l’analisi contenuta nella Delibera, l’Italia non riuscirà a rispettare l’impegno di Kyoto, superando i 2.416 Mt CO2eq di emissioni consentite dal Protocollo per il quinquennio 2008-2012. Tale superamento si aggira, sempre secondo la Delibera, attorno alle 124 Mt CO2eq. Se questa previsione fosse confermata, l’Italia sarebbe soggetta a una serie di sanzioni non economiche previste dallo stesso Protocollo (target più impegnativo nel secondo periodo di impegno, necessità di redigere un “piano di rientro”, esclusione dai meccanismi di scambio internazionale delle quote di emissione); in alternativa si potrebbero acquistare sul mercato i crediti di emissione necessari per colmare il gap, con un costo stimato di oltre 600 milioni di euro (nella ipotesi conservativa indicata in Delibera di un costo della CO2 di 5 €/t). I conti riportati in Delibera presentano tuttavia due caratteristiche che meritano una riflessione più approfondita. La prima riguarda la metodologia di contabilizzazione delle emissioni, e in particolare per quelle del settore ETS.

 

Le industrie italiane, infatti, rispettano le quote assegnate, con valori di emissioni annue tradizionalmente più bassi (ad esclusione del 2008 nel periodo di verifica): nella Delibera vengono tuttavia conteggiati tutti i permessi concessi (1.008 Mt CO2eq nei cinque anni) e non le emissioni effettive, sovrastimando quindi il dato reale di almeno 40 Mt CO2eq.

 

Un altro elemento interessante della Delibera riguarda l’assenza degli assorbimenti forestali, il cui conteggio avrebbe consentito di scontare altri 51 Mt CO2eq. In questo caso sembrerebbe che la mancata finalizzazione del Registro nazionale dei serbatoi di carbonio costerebbe all’Italia oltre 250 milioni di euro (nel caso decidesse per l’acquisto dei crediti di emissione).

Contabilizzando alle emissioni effettive del settore ETS e potendo contare sul meccanismo degli assorbimenti forestali, per cui l’Italia ha fatto specifica richiesta, il deficit rispetto al target verrebbe drasticamente ridimensionato e, anche mantenendo le stime generose sulle emissioni 2012 riportate nella delibera, si ridurrebbe ad appena 6-7 Mt CO2eq per anno (poco più dell’1% delle emissioni totali). La Delibera presenta due scenari emissivi, entrambi con orizzonte al 2020 e al 2030, per verificare i risultati attesi sul medio termine e in particolare in riferimento ai target del Pacchetto 20-20-20.

Lo scenario tendenziale, che include tutte le misure attivate più altre date per certe (come le emissioni specifiche per le automobili nuove di 95 g/km al 2020, target ancora non vincolante), prevede una blanda ripresa della crescita del Consumo Finale Lordo (che al 2020 salirebbe a 139 Mtep dai 125 del 2009 secondo il GSE) e delle emissioni di gas serra: ciò non consentirebbe di raggiungere né l’obiettivo sulle fonti rinnovabili, fermandosi a poco più del 11% contro il 17%, né quello delle emissioni che calerebbero meno della metà di quanto previsto.

Nella Delibera si illustra poi un secondo scenario, definito “con misure”, che include in sostanza gli obiettivi settoriali contenuti nel Piano nazionale per l’energia rinnovabile del 2010 (PAN) e in quello per l’efficienza energetica del 2011 (PAEE). Questo scenario consentirebbe di stabilizzare i consumi finali (129 Mtep al 2020) e di raggiungere e superare gli obiettivi nazionali al 2020 sia per l’ETS (applicando il target medio europeo del -21% sul 2005) che per il non-ETS (per l’Italia -13% sul 2005). La delibera aggiorna quindi il Piano includendo l’orizzonte europeo 2020 (nonché fornendo una prima stima sugli scenari al 2030) e questo, specie in prospettiva SEN, rappresenta un elemento indubbiamente positivo. Tuttavia, pur citandola, la Delibera non tiene conto della Roadmap 2050 che fissa obiettivi più ambiziosi rispetto a quelli del Pacchetto 20-20-20 (che oltretutto per l’Italia sono molto modesti, traducendosi in una riduzione del 7-8% rispetto al 1990): in questo caso l’impressione è che anche lo scenario “con misure” non consentirebbe di restare in linea con gli obiettivi europei a medio termine.

Per quanto riguarda, infine, la serie di misure o proposte all’art.4, da considerarsi quasi del tutto integrative a quelle già incluse negli scenari, vanno certamente citate l’introduzione di una “carbon tax” e la ripartizione degli introiti sulle aste ETS. Va osservato come la carbon tax, della quale si parla da molto tempo, nella proposta della Delibera escluderebbe il settore ETS e quindi andrebbe a incidere in primo luogo su carburanti per trasporti e gas per gli usi civili. Nella Delibera si elencano poi una serie di azioni da finanziare con il 50% dei proventi delle aste ETS, di cui la metà destinati al Fondo rotativo per Kyoto: questo, che dovrebbe esser alimentato anche dalla carbon tax, va sempre più configurandosi, quindi, come meccanismo strutturato per l’incentivazione delle rinnovabili e dell’efficienza, nell’ottica della generazione distribuita e degli interventi su piccola e media scala.

A questo proposito, durante la discussione è emersa la necessità di dare maggiori possibilità agli Enti locali di investire nell’energia sostenibile: la Delibera, pur annunciando un maggiore coinvolgimento degli Enti locali anche attraverso la promozione di iniziative quali quella  del Patto dei Sindaci, non indica una soluzione per superare gli ostacoli che i Comuni si trovano oggi a dover fronteggiare a causa dei vincoli di bilancio. Siamo probabilmente al di là delle finalità stesse della Delibera, ma certamente questo tema, come molti altri (si pensi al futuro della produzione termoelettrica, sempre più in difficoltà), mi auguro trovino una risposta adeguata nella Strategia energetica nazionale.

 

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