ENEA, in Ue boom delle rinnovabili, ma Italia debole in tecnologia

Boom di energia da rinnovabili in Europa nel quinquennio 2005-2010, un trend che vede allineato il nostro Paese sul fronte dello sviluppo e delle politiche sugli incentivi alle rinnovabili ma che registra un segno meno nell'innovazione tecnologica, nella ricerca pubblica e nella filiera industriale italiana.

Un deficit che fa salire così la dipendenza dell’Italia nelle energie alternative dalle importazioni dall’estero, specie dalla Germania e dalla Cina. È quanto emerge dal Rapporto Energia e Ambiente dell’Enea, presentato oggi a Roma. Dall’entrata in vigore del Protocollo di Kyoto nel 2005, l’Unione Europea, rileva il Rapporto, ha registrato un sempre più forte incremento della percentuale di energia prodotta da rinnovabili sui consumi finali lordi, con un impatto significativo sulla riduzione dell’intensità carbonica e sul disaccoppiamento tra crescita economica e ‘stress’ ambientali.

Nel 2010, prosegue il Rapporto dell’Enea, l’Ue è arrivata a registrare una quota del 12,4% di energia prodotta da rinnovabili sui consumi finali lordi di energia, giungendo a soddisfare più della metà del target prefissato per il 2020. Nonostante le vicende della crisi internazionale, la crescita della produzione di energia da rinnovabili a livello mondiale ha conosciuto uno sviluppo del tutto straordinario lungo tutto il quinquennio 2005-2010. Gli investimenti mondiali in tecnologie per le rinnovabili hanno fatto registrare nel 2010 un valore complessivo di 211 miliardi di dollari (+32% rispetto al 2009 e circa dieci volte rispetto al 2004, anno nel quale è iniziato il decollo). Complessivamente le tecnologie del fotovoltaico e dell’ eolico hanno fatto registrare nel periodo 2005-2010 una accelerazione negli scambi commerciali ad un tasso  di incremento medio annuo pari a circa 5 volte quello del settore manifatturiero. Centrale negli anni, osserva l’ Enea, è stato il ruolo delle tecnologie del fotovoltaico con un sempre più forte protagonismo dei paesi asiatici. Nell’ Ue l’ adeguamento dell’ offerta produttiva interna in questo settore è risultato insufficiente a soddisfare una domanda si è più che decuplicata tra il 2005 e il 2010. Ciò ha comportato un costante aumento delle importazioni in tutti i paesi membri, facendo sì che la quota delle importazioni nel 2010 è arrivata a coprire il 62% del totale  mondiale del settore. In questo contesto, secondo l’ Enea, la situazione italiana risulta particolarmente critica  nell’ impegno in ricerca (pubblica) e nella capacità di stimolare e sostenere nuove filiere industriali. Nel fotovoltaico, dice l’ Enea, l’andamento del deficit commerciale dell’ Italia è stato caratterizzato dallo straordinario aumento delle importazioni:nel 2010 si è raggiunto un deficit superiore a 11 miliardi di dollari e un quarto di tale deficit è da attribuirsi all’ interscambio con la Germania, mentre più del 40% alla Cina. Per l’ Enea, quindi, l’ Italia mostra “una significativa debolezza” nelle condizioni che possono dar vita ad un’ autonomia energetica su base tecnologica e, conclude, il perseguimento di una politica energetica di sviluppo delle rinnovabili in Italia “si dovrà accompagnare in un maggiore slancio della spesa pubblica in ricerca energetica e politiche industriali volte ad orientare la specializzazione produttiva del sistema industriale verso settori a maggiore intensità tecnologica”.

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