Il dibattito sull’aumento dei prezzi del gas aiuta a capire chi non sa fare i conti con la crisi climatica

di Edo Ronchi

dal blog HuffingtonPost

È documentato: l’aumento del costo della CO2 ha inciso molto poco sull’aumento delle bollette elettriche in corso; gli oneri in bolletta per gli incentivi alle rinnovabili pesano ancora meno anche perché, sia pure di poco, stanno diminuendo.

È invece assodato che questo aumento è causato dal balzo dei prezzi del gas che erano scesi a un minimo storico, intorno ai 10 euro /MWh a metà del 2020, per aumentare a circa 20 euro/MWh ad aprile di quest’anno fino al balzo di settembre a 56 euro/MWh, quasi il doppio del livello più alto, circa 30 euro/MWh, raggiunto nel 2019, prima della pandemia .

Da cosa è stata provocata questa impennata del prezzo del gas? Nel 2019, secondo l’Agenzia Internazionale per l’Energia, i consumi di gas mondiale sono crollati di 75 miliardi di metri cubi; nel 2021 è previsto un aumento dei consumi di gas di circa di 125 miliardi di metri cubi, superiore a quello del 2019, prima della pandemia.

Un così rapido e consistente aumento della domanda mondiale – come sta avvenendo anche per molte materie prime – spinge una rapida crescita dei prezzi. Sull’impennata del prezzo del gas potrebbero aver giocato anche altri fattori. La forte ripresa economica, anticipata rispetto a quella europea, di alcuni Paesi asiatici, e della Cina in particolare, hanno assorbito un import consistente di gas liquefatto. Con un’interrogazione, un gruppo di parlamentari europei  evidenzia il ruolo attivo della russa Gazprom nella riduzione di forniture di gas all’Europa, nel momento della massima domanda nella seconda parte di quest’anno, per far accelerare l’apertura del gasdotto Nord Stream 2.

In questo dibattito è presente anche la tesi che imputa alle politiche climatiche  la responsabilità dell’attuale forte crescita dei prezzi dell’energia: i prezzi del gas, e degli altri combustibili fossili, sarebbero saliti perché sarebbe previsto un duraturo squilibrio fra la domanda e l’offerta a causa del calo degli investimenti nei fossili che ne avrebbe fatto diminuire la disponibilità, a fronte della incapacità, ritenuta altresì duratura, delle fonti rinnovabili di soddisfare una domanda di energia, anch’essa prevista in forte e duratura crescita.

Se questo squilibrio fosse duraturo, come afferma questa previsione, la nostra principale preoccupazione dovrebbe essere l’aumento disastroso dei costi della precipitazione della crisi climatica, più dell’aumento del prezzo del gas.

Nel 2021 l’IEA ha stimato che ci sarà un forte aumento mondiale delle emissioni di CO2: del 4,8%. Si prevede, e si auspica, però che duri poco, che sia legato al rimbalzo, dopo la caduta anche delle emissioni del 5,8% nel 2020, provocata dalla pandemia. Se un aumento del genere fosse invece, malauguratamente, duraturo, dovremmo dire addio all’Accordo di Parigi e alla possibilità di evitare esiti catastrofici della crisi climatica.

Per nostra fortuna disponiamo di robusti elementi per smentire quella previsione. A livello mondiale l’elettricità da fonte rinnovabile, secondo l’IEA, salirà  dal 27% del 2019 al 30% nel 2021, anche con la crescita in corso dei consumi elettrici. La previsione di un duraturo alto livello dei prezzi dei fossili   non regge: renderebbe ancora più conveniente, quindi più rapida, la loro sostituzione con fonti rinnovabili e con il risparmio energetico.

Le previsioni, condivise dall’OCSE alla Banca Mondiale, indicano invece probabile, o necessaria, l’adozione più estesa di  misure di carbon pricing per favorire un percorso di decarbonizzazione, per compensare i prezzi di mercato inadeguati, perché  troppo bassi, dei fossili. L’Unione Europea – uno dei mercati mondiali più importanti anche per l’energia-ha mobilitato 240 miliardi di euro (il 30% degli stanziamenti di Next Generation EU) per realizzare obiettivi climatici, puntando a tagliare i consumi di combustibili fossili  e ad aumentare in modo consistente la quota dei consumi finali di energia coperta con fonti rinnovabili: dal 20% attuale al 40% entro il 2030.

Lo squilibrio c’è, ma ritenerlo duraturo, pare più un auspicio di chi resta legato a visioni obsolete delle problematiche energetiche e alla incomprensione della gravità della crisi climatica, che una previsione fondata.

 


Articolo originale pubblicato su Huffington Post Blog in data 24/09/2021
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