Classificare gli investimenti per ecosostenibilità

di Edo Ronchi

dal blog HuffingtonPost

Il lungo percorso, iniziato nel 2016, per arrivare a un Regolamento europeo che stabilisca i criteri per determinare se un investimento possa considerarsi ecosostenibile, è arrivato la settimana scorsa a conclusione, col voto finale del Parlamento europeo, dopo le intese con la Commissione e con il Consiglio.

Il nuovo Regolamento per la classificazione (tassonomia) degli investimenti, passato un po’ in sordina, è  una novità importante che non potrà non influire anche sull’utilizzo dei fondi del Recovery Plan e, come espressamente citato nelle sue premesse, sarà anche uno strumento a sostegno del Green Deal europeo.

Il Regolamento sulla classificazione degli investimenti ecosostenibili, infatti – ora che è approvato e che, con la pubblicazione in Gazzetta, diventerà fra poco vigente – influirà in modo rilevante sulle decisioni relative a tutti gli investimenti attivati dalle istituzioni comunitarie, oltre a quelle dei vari Paesi europei e del settore privato. Del resto questo Regolamento trae origine dal Piano d’azione europeo per finanziare la crescita sostenibile che lanciava proprio una strategia globale per riorientare flussi di capitali verso investimenti sostenibili.

Per il Regolamento europeo sono finanziamenti ecosostenibili quelli diretti verso attività che contribuiscano, in modo sostanziale, al raggiungimento di uno o più obiettivi ambientali indicati e che, perseguendo uno o più di tali obiettivi, non arrecano un danno significativo a nessuno degli altri. Gli obiettivi ambientali indicati dal Regolamento, irrinunciabili per l’ecosostenibilità, sono precisi e chiari: la mitigazione e l’adattamento ai cambiamenti climatici, la transizione verso un’economia circolare, assicurando anche la protezione e il ripristino della biodiversità e degli ecosistemi, la prevenzione  e la riduzione dell’inquinamento e l’uso sostenibile delle acque e delle risorse marine.

Questi obiettivi ambientali rispondono a un approccio globale alla sostenibilità che punta ad affrontare, in modo lungimirante, le sfide principali della nostra epoca: i cambiamenti climatici, la perdita di biodiversità e il consumo di risorse naturali.

Il nuovo livello dell’impegno europeo è reso necessario dai ritardi e dalle difficoltà riscontrate per il raggiungimento di obiettivi climatici e ambientali avanzati, dai tempi diventati stretti e dalla necessità di cambiare passo, coinvolgendo in modo più impegnativo anche il mondo finanziario.

Dovrebbe finire il tempo della ”verniciata di verde” supportata al massimo da una efficace comunicazione, considerata sufficiente per presentare come sostenibile ogni pacchetto di investimenti anche se ben lontano da soddisfare standard ambientali di base, e ritenuta comunque efficace per assicurarsi vantaggi di mercato.

Chi non opera seriamente da oggi rischia di più: sono disponibili i requisiti, di valore anche giuridico, uniformi a livello europeo, per valutare il grado di ecosostenibilità degli investimenti:  criteri che possono consentire di valutare e chiarire comunicazioni e pubblicità ingannevoli o comunque infondate.

Servirà una, ulteriore e migliore, definizione dei criteri di vaglio tecnico, servirà un periodo di rodaggio del nuovo Regolamento, ma sono convinto che sarebbe bene non sottovalutarne la portata e prepararsi per usarlo al meglio.


Articolo originale pubblicato su Huffington Post Blog in data 26/06/2020
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