Clima: nessun paese del G20 è in linea con l’Accordo di Parigi

Nel 2018, le emissioni globali di gas serra sono cresciute ancora una volta nei paesi del G20 che non sono così in linea per mantenere il riscaldamento globale al di sotto di 1,5° C. Per centrare questo target le maggiori economie mondiali dovranno aumentare entro il 2020 i loro obiettivi di taglio delle emissioni per il 2030 e implementare significativamente le misure di mitigazione, adattamento e finanziamento nel prossimo decennio.

La situazione climatica delle 20 maggiori economie mondiali, che da sole sono responsabili dell’ 80% delle emissioni e dell’ 85% del PIL, è disegnata nel rapporto “Brown to Green Report 2019″, pubblicato da ClimateTransparency che, in base a 80 indicatori di decarbonizzazione, politiche climatiche, finanza e vulnerabilità agli impatti dei cambiamenti climatici, oltre a valutare se i Paesi del G20 siano sulla buona strada verso un’ economia a zero emissioni, fornisce anche un quadro climatico Paese per Paese.

L’ Italia, secondo il Rapporto, non è sulla buona strada per un mondo a 1,5 °C. Anche se le emissioni pro capite sono leggermente inferiori alla media del G20, tra il 1990 e il 2016 le emissioni totali nazionali sono diminuite solo del 18%. L’ Italia ha però margini per migliorare le sue performance climatiche e il Rapporto esemplifica alcune soluzioni. Nel 2017, l’Italia ha erogato 11,6 miliardi di dollari di sussidi ai combustibili fossili e fornisce attualmente la massima quantità di sostegno totale al consumo di carbone nell’Ue, ma un aiuto al clima verrebbe eliminando gradualmente le sovvenzioni ai combustibili fossili entro il 2025.

Nel settore trasporti, dove le emissioni pro capite sono superiori alla media del G20, con un trend in aumento, l’Italia, secondo il Rapporto, dovrebbe vietare i nuovi veicoli leggeri basati sui combustibili fossili (LDV) entro il 2025, eliminare gradualmente le emissioni dal trasporto merci entro il 2050 e sviluppare una strategia a lungo termine per passare dal trasporto motorizzato individuale al trasporto pubblico e non motorizzato.

Nel settore delle costruzioni le emissioni degli immobili nel 2018 sono state di 1,8 t CO2 superiori alla media del G20 e, anche qui, il Rapporto dice che l’ Italia per mantenere il riscaldamento globale al di sotto di 1,5° C, deve sviluppare una strategia per raggiungere forti livelli di rinnovamento del patrimonio immobiliare del 5% annuo entro il 2020.

Il Rapporto prende anche in esame le politiche climatiche nazionali. Un giudizio negativo lo dà sul Piano Energia e clima che non include una tabella di marcia per un’eliminazione graduale del carbone entro il 2025 e ha un obiettivo di emissioni di gas serra meno ambizioso rispetto alla strategia energetica nazionale del 2017.

I trend globali contenuti nel Rapporto non sono confortanti. Nel 2018 le emissioni del settore energetico sono aumentate dell’ 1,6% e gli aumenti maggiori si sono concentrati in Turchia e Indonesia che continuano a fare largo uso di carbone. Francia e Brasile hanno invece ridotto le emissioni e la Germania e il Brasile sono gli unici Paesi del G20 ad avere strategie a lungo termine per le energie rinnovabili. Continuano anche ad aumentare le emissioni dei trasporti (+1,2% nel 2018), Stati Uniti, Canada e Australia hanno le emissioni pro capite più alte del G20. Il maggiore aumento delle emissioni nel 2018 si è registrato nel settore delle costruzioni(+4,1%) Stati Uniti, Arabia Saudita e Australia hanno le più alte emissioni pro capite. Restano anche problematiche le emissioni dell’industria (+3,1%), le più alte in Russia, India e Cina, questi ultimi due Paesi hanno però le migliori politiche di efficienza energetica tra i Paesi del G20. Per quanto riguarda le politiche fiscali nel 2017 tutti i Paesi ì, esclusa l’Arabia Saudita, hanno erogato circa 127 mld di dollari in sussidi a carbone petrolio e gas, in calo rispetto ai 248 miliardi del 2013. A contribuire a questo calo sono 9 paesi, Italia inclusa. Sono 18 i Paesi del G20 che hanno già o sono in procinto di introdurre schemi espliciti di carbon pricing. I nuovi arrivati sono il Sudafrica che ha lanciato una carbon tax a giugno del 2019 e l’Argentina.

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