Crisi climatica e salute: una ripresa “non verde” sarebbe un rischio

di Edo Ronchi

dal blog HuffingtonPost

A lanciare l’allarme è un Rapporto, curato da circa 120 tra i maggiori esperti internazionali di 43 istituzioni e accademie scientifiche: The 2021 report of the Lancet Countdown on health and climate change: code red for a healthy future. Fra i 44 macro-indicatori considerati, quasi tutti in rapido peggioramento e con un ritmo che si sta accelerando, si cita, ad esempio l’aumento del 54% della mortalità degli over 65 per l’esposizione alle ondate di calore, più frequenti, più prolungate e con temperature più elevate.

Nel 2020 ben il 19% della superficie terrestre è stata colpita da siccità: tra il 1950 e il 1999 il valore non aveva mai superato il 13%. La siccità riduce i raccolti e colpisce le disponibilità di alimenti: nel 2019 il mais raccolto è diminuito del 6%, il frumento del 3% e il riso dell’1,8% rispetto alla media del periodo 1981-2010. Anche la temperatura media della superficie del mare è aumentata e questo aumento si sta traducendo anche in una riduzione del pesce pescato. E siccome nel mondo 3,3 miliardi di persone dipendono proprio dal mare per alimentarsi, il maggior riscaldamento del mare si traduce anche in aumento della insicurezza alimentare. Il Rapporto documenta che l’insicurezza alimentare, una grave minaccia per la salute delle persone denutrite o che soffrono la fame, è in preoccupante aumento e che nel 2019 ha colpito ben 2 miliardi di persone.

Il Rapporto svolge analisi anche su altri impatti della grande crisi climatica: l’innalzamento del livello dei mari che minaccia aree costiere abitate e piccole isole, l’aumento e la rapida diffusione degli incendi e gli impatti sulla vita di milioni di persone dell’aumento di frequenza e di intensità di eventi atmosferici estremi, degli uragani e delle alluvioni.

La pandemia da Covid ci sta dimostrando quanto possa essere drammaticamente pericolosa la diffusione di un virus. Il riscaldamento globale – scrivono i ricercatori – sta anche estendendo le aree dove vi sono le condizioni ideali per la diffusione delle zoonosi, la trasmissione di malattie da animali all’uomo, dove l’indice R0che serve a calcolare il potere di contagio di un virus o un batterio, cresce proprio perché molte zone diventano ospitali: Dengue, Zika, malaria e colera e altre meno conosciute, sono ora possibili in aree ad intensa presenza umana, anche in Europa, un tempo risparmiate perché troppo fredde.

Questo Rapporto non manca di osservare che i piani di ripresa post pandemia rappresentano un’occasione anche per fronteggiare la crisi climatica che rischia di esacerbare le crisi economiche e sanitarie in atto, acuendo le disuguaglianze. Ma molti degli attuali piani di ripresa dal Covid-19 sono inadeguati e non sono compatibili con l’accordo di Parigi e rischiano di avere implicazioni a lungo termine sulla salute. Chiedono quindi ai governi un impegno maggiore. “Gli enormi sforzi che i paesi stanno facendo per rilanciare le loro economie dopo la pandemia può essere orientata a rispondere contemporaneamente ai cambiamenti climatici e al Covid – dice Anthony Costello, direttore del Lancet Countdown – Abbiamo una scelta da fare: la ripresa dal Covid-19 può essere una ripresa verde che ci mette sulla strada del migliorare la salute umana e ridurre le disuguaglianze, oppure può essere una ripresa normale che mette tutti noi a rischio”.

 


Articolo originale pubblicato su Huffington Post Blog in data 19/11/2021
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