Dieci anni di riciclo dei rifiuti in Italia: come stanno effettivamente le cose?

di Edo Ronchi

dal blog HuffingtonPost

Di rifiuti si parla spesso in Italia: le cronache si occupano delle crisi dei rifiuti in alcune città come Roma, o dei roghi di alcuni depositi, o di qualche smaltimento illecito. Siccome si sente di più il rumore di un albero che cade della foresta che cresce, dalla cronaca si ha un’immagine piuttosto negativa della gestione dei rifiuti in Italia.

Ma come stanno effettivamente le cose? La recente pubblicazione del Rapporto annuale “l’Italia del riciclo 2019”, curato dalla Fondazione per lo sviluppo sostenibile e da FISE-Unicircular, giunto alla decima edizione, consente di fare un bilancio fondato su dati reali, accurati e complessivi.

La percentuale dei rifiuti riciclati, sul totale di quelli prodotti, è passata negli ultimi 10 anni dal 48 al 68%. Per tasso di riciclo l’Italia è al primo posto fra i grandi Paesi Europei: prima del Regno Unito, della Francia e della Germania e molto meglio della media Europea che è al 57%.

Nel tasso di utilizzo circolare della materia – la percentuale del totale delle materie prime consumate costituita da materiali ricavati dal riciclo dei rifiuti – l’Italia è sempre in buona posizione – col 17,2% – ma perde posizioni e finisce dietro il Regno Unito e la Francia.

Che significa? Che in Italia anche se si riciclano più rifiuti, abbiamo più difficoltà a utilizzare materie prime seconde per sostituire materie prime vergini. Ricicliamo, per esempio, una buona quantità di plastiche, ma le usiamo spesso per fare arredi o guaine per l’edilizia e poco per fare altre bottiglie di plastica che continuano ad essere prodotte con polimeri vergini; oppure ricicliamo molti rifiuti inerti da costruzione e demolizione, ma li impieghiamo soprattutto per rilevati e sottofondi stradali e poco per produrre aggregati riciclati risparmiando sabbia e ghiaia prese dalle cave. In prospettiva, recependo  il nuovo pacchetto di Direttive europee sui rifiuti e l’economia circolare che aumenta i target di riciclo, le difficoltà di impiego, e quindi anche di mercato, delle materie prime seconde potrebbe aumentare.

Nel riciclo degli imballaggi l’Italia è un’eccellenza europea: il loro riciclo è aumentato dal 64 al 70% negli ultimi 10 anni, anticipando il target europeo del 65% al 2025 e avendo già raggiunto quello del 70%, fissato al 2030.

Buone sono anche le performance del riciclo dei diversi imballaggi: di quelli in carta e cartone all’81%, in vetro al 76%, in alluminio all’80%, in acciaio al 79% e in legno al 63%. Per gli imballaggi in plastica siamo al 45%; non ancora al target europeo del 50% al 2025, anche se in traiettoria per raggiungerlo.

La recente strategia europea e la nuova Direttiva sulla riduzione dell’incidenza sull’ambiente delle plastiche monouso fissano nuovi obiettivi che richiederanno maggiore impegno: tutti gli imballaggi  in plastica dovranno essere economicamente riciclabili entro il 2030; il 77% delle bottiglie in plastica dovranno essere raccolte separatamente entro il 2025 e ben il 90% entro il 2029; dovrà essere assicurata la presenza di almeno il 25% entro il 2025 e di almeno il 30% entro il 2030, di plastica riciclata nelle bottiglie di PET. In questa prospettivala proposta di modifica della legge di Bilancio 2020, avanzata dal governo, di escludere dalla tassa le plastiche riciclate, va valutata positivamente perché incoraggerà l’utilizzo di tali materie prime seconde.

In forte crescita è anche la raccolta differenziata della frazione organica dei rifiuti urbani, più che raddoppiata negli ultimi 10 anni, passata da 3 a ben 7 milioni di tonnellate. Già oggi vi sono carenze di impianti di trattamento della frazione organica in diverse Regioni: Campania, Lazio, Sicilia, Calabria, Liguria, Marche e Basilicata.

Applicando anche alla frazione organica l’aumento al 65% della quota di riciclo dei rifiuti urbani, obbligatoria a livello europeo entro il 2035, le quantità di rifiuto organico raccolte in maniera differenziata dovrebbero crescere di almeno altre 3 milioni di tonnellate, determinando un ulteriore fabbisogno impiantistico al quale – dati i tempi di localizzazione, autorizzazione e di costruzione – sarebbe bene cominciare a provvedere al più presto, partendo dalle Regioni dove le carenze sono maggiori.


Articolo originale pubblicato su Huffington Post Blog in data 13/12/2019
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