Donne e green economy, una sfida contro le crisi

Nell'ambito delle iniziative "Verso gli Stati generali della green economy", la Fondazione per lo sviluppo sostenibile, l'Assessorato all'ambiente, agroalimentare e rifiuti e l’Assessorato Roma produttiva di Roma Capitale hanno organizzato il convegno "Donne e green economy: la social innovation per cambiare la città".

All’appuntamento, che si è tenuto a Roma il 24 giugno 2014 presso la Sala Pietro da Cortona – Musei Capitolini (piazza del Campidoglio), hanno partecipato Estella Marino, Assessore all’ambiente; Marta Leonori, Assessore Roma produttiva; Edo Ronchi, Presidente Fondazione sviluppo sostenibile; Sabina De Luca, Capo Dipartimento per lo sviluppo e la coesione economica (DPS); Laura Ciacci, Relazioni istituzionali di Slow Food e altre/i ancora.

Partendo dalle città e dal ruolo delle donne, l’iniziativa ha offerto un’ulteriore occasione di riflessione sulla sfida per un’uscita green dalle crisi economica, sociale e ambientale. Ma niente è scontato, né in Europa né nel nostro Paese, e non è detto che l’esito non sia invece più brown. E’ quindi necessario un sovrappiù di impegno, introducendo un elemento nuovo nella sfida della green economy, le donne, protagoniste assolute nelle scelte di acquisto e professioniste capaci e innovative. In Italia le donne sono responsabili del 66,5% del totale delle scelte di acquisto della famiglia e dunque è innanzitutto a loro che bisognerebbe rivolgersi per dare una spinta alla green economy e orientare il mercato.

E chi meglio delle donne può interpretare al meglio questa occasione. Peccato che il Global Gender Gap Report 2012 del World Economic Forum, che analizza a livello internazionale il divario di genere, collochi l’Italia complessivamente all’80° posto (arretrata di 6 posizioni rispetto all’anno precedente): si va dal 65° posto per livello di istruzione, al 101° per partecipazione e opportunità economiche offerte alle donne, con conseguenze in termini di segregazione in specifici e limitati settori professionali, retribuzioni inferiori e ridotta progressione nel lavoro.

Insomma, per come stanno le cose, e immaginando che possa realizzarsi un’uscita dalle crisi attraverso una transizione verso un’economia verde, il rischio è che siano maschili sia i lavori che si perdono, sia quelli che si ricreano, sia quelli in crescita. A meno di non attrezzarsi in tempo e promuovere una prospettiva di genere, con tutti i vantaggi per l’economia derivanti dalla presenza femminile, a maggior ragione in posizioni apicali o comunque di responsabilità: non a caso si dice che quello femminile non è un problema delle donne ma dell’economia.

Programma convegno

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