Far pagare le emissioni di CO2 per realizzare una decarbonizzazione profonda

di Edo Ronchi

dal blog HuffingtonPost

Se le emissioni di anidride carbonica (CO2) – di gran lunga il principale gas serra che contribuisce al riscaldamento globale – continuano a non costare nulla, o a costare molto poco a chi le emette, non ci sono reali possibilità di arrivare, entro il 2050, alla decarbonizzazione profonda necessaria per evitare esiti drammatici della crisi climatica.

Senza un efficace sistema di carbon pricing l’uso dei combustibili fossili risulta incentivato perché i costi dei danni che causano al clima non sono riconosciuti nei loro prezzi di mercato e, di conseguenza, anche i vantaggi delle fonti rinnovabili e delle misure per l’efficienza energetica sono economicamente sottovalutati.

Il tema è ormai all’attenzione internazionale: la World Bank ha appena pubblicato un Rapporto sull’andamento del carbon pricing a livello mondiale (State and Trends of Carbon Pricing 2019 , Washington DC, June 2019). Da questo Rapporto risulta che questi sistemi stanno crescendo e si stanno diffondendo a livello mondiale: nel 2010 le iniziative di carbon pricing erano 19 e riguardavano solo il 4% delle emissioni mondiali di CO2, ad aprile 2019 sono cresciute a ben 57, applicate a circa il 20% delle emissioni mondiali di CO2-28 sono iniziative di ETS (Emission Trading System) e 29 di carbon tax- introdotte in 46 nazioni (in alcune nazioni sono in vigore tutte e due).

Questi dati documentano che i sistemi di carbon pricing sono stati introdotti a livello nazionale, smentendo lo scetticismo di quanti,specie in Italia, sostenevano la loro praticabilità solo a livello globale: se funzionano in 46 nazioni, e sono in aumento, significa che si possono introdurre anche a livello di singoli Paesi.

Il Rapporto della World Bank ci ricorda che per rispettare il target dell’Accordo di Parigi, e mantenere l’aumento della temperatura al di sotto dei 2°C, il carbon pricing dovrebbe essere pari ad almeno 40-80 $/tCO2 al 2020 e salire almeno a 50-100 $/tCO2 al 2030. Oggi siamo lontani da questi livelli: meno del 5% delle emissioni di gas serra è soggetta ad un carbon pricing in linea con il livello necessario al 2020; il sistema ETS europeo è a soli 21 €/tCO2 e per più della metà delle emissioni interessate da sistemi di carbon pricing il costo è inferiore a 10 $/tCO2.

La World Bank, dando per molto probabili sia un’ulteriore estensione delle iniziative di carbon pricing, sia aumenti del prezzo delle emissioni di carbonio, propone alcune valutazioni finalizzate ad avere il miglior rapporto costi/benefici. Sollecita, in particolare, una maggiore attenzione, richiamando l’esperienza francese, sugli impatti sociali del carbon pricing e sulla necessità di forme di graduazione e di compensazione per i redditi bassi.

L’efficacia del carbon pricing, aggiunge la World Bank, è differenziata per settore – per esempio è più agevole per la produzione di elettricità e più impegnativa per la mobilità – e richiede contemporanee misure per promuovere le alternative tecnologiche a basse o nulle emissioni di carbonio, perché funziona se esistono e sono accessibili tali alternative.

Seguendo il dibattito italiano sulle riforme fiscali viene proprio da chiedersi come sia possibile che il carbon pricing, un tema così presente nel dibattito internazionale, sia invece così assente da noi.


Articolo originale pubblicato su Huffington Post Blog in data 28/06/2019
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