Il pericolo degli allarmi ignorati

di Edo Ronchi

dal blog HuffingtonPost

In una News dell’11 maggio scorso Bloomberg riprendeva una notizia fornita da China Coal Transportation and Distribution Association secondo la quale le 5 principali centrali elettriche costiere cinesi hanno aumentato l’uso del carbone non solo rispetto ai primi mesi di quest’anno, durante i quali, per l’epidemia da Covid-19, la domanda di elettricità era pesantemente calata, ma  rispetto allo stesso periodo dello scorso anno e in modo consistente: di oltre il 30%.

L’aumento della domanda di carbone in Cina è talmente elevata da farne aumentare il prezzo: dai 479,8 yuan di aprile ai  500 yuan (70,5 $)  dei primi di maggio. Una pessima notizia: la Cina sta alimentando la sua ripresa con un forte aumento del consumo di carbone, accantonando la cautela precedente e ignorando l’allarme della grande crisi climatica e dei suoi possibili effetti catastrofici. Una dinamica del genere si era già vista dopo la recessione del 2008/2009, quando, dopo una temporanea riduzione, le emissioni di gas serra erano riprese con maggiore intensità. Il pericolo di un “effetto rimbalzo”, come evidenzia la Cina, è altamente probabile anche dopo questa crisi, non necessariamente con l’aumento del carbone, ma anche degli altri combustibili fossili.

Purtroppo accade piuttosto spesso che allarmi, fondati, di pericolo, siano ignorati. Ce n’erano stati anche sui rischi crescenti di pandemie causate da virus provenienti da animali selvatici. È noto, infatti, che in diversi ambienti  naturali vivono specie di animali che ospitano numerosi virus, molti dei quali -specialmente quelli presenti in alcuni mammiferi selvatici- possono contagiare gli esseri umani.

Siccome in modo crescente abbiamo invaso e alterato questi ambienti naturali, catturato, trasportato, commerciato, ucciso e macellato questi animali selvatici, siamo entrati in contatto anche con nuovi virus che sono in grado di fare un salto di specie, di passare da un portatore animale, anche attraverso altri animali che fungono da ospite amplificatore, agli esseri umani.

Visto che ormai siamo 7,7 miliardi, viviamo per la gran parte in zone ad alta densità di popolazione, ci spostiamo spesso, in tanti e in tutto il mondo, il potenziale di contagio di questi virus è diventato molto elevato e quindi la loro pericolosità è enormemente cresciuta.

Il Covid-19, che proviene da un pipistrello e che si sarebbe modificato transitando da un pangolino catturato e cucinato in alcune zone della Cina, ha generato una pandemia, seguendo un percorso ampiamente studiato e ben conosciuto, nonostante fossero stati lanciati allarmi documentati sui rischi crescenti di pandemie di questo tipo.

Le pandemie non sono affatto una novità, ce ne sono state diverse: dall’influenza spagnola all’AIDS, da Ebola alla SARS, per citare solo le più note. Per chi volesse approfondire il tema consiglierei “Spillover”, ed. Adelphi, di David Quammen: una documentata storia di numerose epidemie che documenta come e perché stanno diventando più frequenti e pericolose. Proprio in questo testo viene citata una conferenza di Donald S. Burke, un epidemiologo dell’Università di Pittsburg, dedicata proprio ai criteri che rendevano certi virus probabili candidati a scatenare pandemie, nella quale affermò: ”Alcuni di questi -in particolare i coronavirus- devono essere considerati serie minacce alla salute pubblica”. La conferenza era del 1997 e il libro che ne parla è stato pubblicato nel 2012.

Si potrà obiettare che allarmi come questo erano poco conosciuti fuori da una cerchia ristretta di specialisti della materia. È vero. Anche se, con i mezzi oggi a disposizione, dovremmo essere meno indulgenti con l’ignoranza di questioni di questa importanza. Meno tollerabile è comunque ignorare l’allarme della crisi climatica: ben più nota, ampiamente e pubblicamente discussa e documentata con ormai innumerevoli studi e ricerche.


Articolo originale pubblicato su Huffington Post Blog in data 15/05/2020
Facebooktwitterlinkedinmail