di Edo Ronchi
Poco o nulla invece è stato scritto in Italia – come al solito – sulla grandeur che ispira il “Plan climat” appena presentato dal governo francese, con la firma del Ministro della Transizione ecologica e solidale Nicolas Hulot. Si tratta di un primo documento di intenti che annuncia che il governo presenterà un nuovo piano per il clima e l’energia entro il 2018, coerente con una traiettoria che punta alla neutralità carbonica – emissioni di gas serra uguali agli assorbimenti entro il 2050 – per attuare l’Accordo di Parigi che prevede di contenere l’aumento della temperatura globale fra 1,5 e 2°C.
L’intento politico del “Plan climat” risulta chiarissimo: affermare che la Francia intende assumere un ruolo di leadership, europea e internazionale, nell’attuazione dell’Accordo di Parigi, per accelerare la lotta contro il cambiamento climatico. La scelta di Nicolas Hulot – uno fra i più noti ambientalisti francesi che ha coordinato, su incarico del Presidente Hollande, la diplomazia francese nella complessa trattativa internazionale che ha preparato e portato al raggiungimento dell’Accordo di Parigi – al Ministero chiave per il programma di transizione ecologica, conferma il grande rilievo che Macron intende dare alla questione climatica.
Abituato a sentire leader politici timorosi di non fare più degli altri per il clima, confesso di provare un’insolita piacevole sensazione nel vedere che c’è chi punta invece a fare di più e meglio degli altri: a fare, per esempio, di Parigi il polo internazionale della finanza verde, a rafforzare, anche come singolo Paese, la carbon tax, dicendo che 100 euro a tonnellate di CO2 non sono sufficienti per la traiettoria sotto i 2°C, a continuare a guidare la complessa iniziativa diplomatica europea e internazionale per il clima.
Non tutta la grandeur francese viene per nuocere.