La transizione ecologica del Governo Draghi per uscire dalla crisi

di Edo Ronchi

dal blog HuffingtonPost

Il governo Draghi che nasce, sostenuto da un’inedita larga maggioranza di unità nazionale, per affrontare la grave emergenza sanitaria ed economica causata dalla pandemia da Covid-19, ha istituito il Ministero della transizione ecologica. Colgo l’occasione per fare i migliori auguri al nuovo governo e, in particolare, ai nuovi ministri Roberto Cingolani ed Enrico Giovannini.

Il Ministero della transizione ecologica in Francia è un super ministero che unifica tre competenze: ambiente (clima sostenibilità, tecnologie verdi, sicurezza industriale, rischi naturali e tecnologici), energia (transizione energetica) e trasporti e infrastrutture.

In Spagna si chiama Ministero per la transizione ecologica e la sfida demografica e ha con competenze ampie: si occupa di lotta al cambiamento climatico, di prevenzione delle contaminazioni, di protezione del patrimonio naturale e della biodiversità , della transizione energetica, di un modello produttivo e sociale ecologico e anche di demografia e dello spopolamento dei territori.

Il Ministero delle transizione ecologica italiano non è né un superministero sul modello francese e nemmeno un ministero con  ampie competenze sul modello  spagnolo. Ma resta lo stesso un cambiamento rilevante? Si, purché si confermino due condizioni: che abbia le competenze sufficienti per svolgere la sua missione e che l’indirizzo complessivo e l’azione del governo, col ruolo determinante del presidente del Consiglio, procedano nella medesima direzione.

Ci aspettiamo che il nuovo ministero italiano abbia le competenze sufficienti, oltre che per le tradizionali attività di tutela dell’ambiente, per promuovere un cambio di passo nelle misure per contrastare la crisi climatica: il nodo centrale della transizione ecologica oggi. Per cambiare passo con le politiche e le misure per affrontare la sfida della neutralità climatica al 2050 e l’aumento del target  di riduzione dei gas serra del 55% al 2030, rivedendo il nostro Piano, ormai superato, per l’energia e il clima (PNIEC).

Per promuovere un salto nella produzione di energia da fonti rinnovabili, nonché i necessari adeguamenti delle reti e degli stoccaggi. Per accelerare l’attuazione delle misure per l’efficienza energetica degli edifici e delle imprese. Per avviare misure impegnative per decarbonizzare i trasporti – a partire da quelli urbani – e alcuni processi produttivi ad alte emissioni. Accogliendo e dando seguito anche al recente richiamo della Commissione europea che ha ribadito che senza un recupero dei gap di circolarità delle nostre economie, non è possibile arrivare alla neutralità climatica.

Il nuovo ministero dovrebbe, inoltre, essere messo in grado di promuovere e sostenere l‘attuazione del primo pilastro di Next Generation EU che è appunto la transizione ecologica, per la quale l’Europa destina la quota maggiore delle risorse, il 37%, per affrontare la crisi climatica ed ambientale con un progetto di rilancio e di nuovo sviluppo che si chiama Green Deal (Green e non di altro genere).

È importante che in un governo che si appresta a definire un Piano nazionale di ripresa e resilienza, per utilizzare al meglio quei fondi europei, vi sia un Ministero per la transizione ecologica. Avevo espresso un vivo apprezzamento quando era stato comunicato che il ministro per la transizione ecologica avrebbe coordinato il Piano nazionale per l’utilizzo dei fondi di Next Generation EU.

Ho poi ascoltato il presidente Draghi dire al Senato il 17 febbraio: ”La governance del Programma di ripresa e resilienza è incardinata nel Ministero dell’Economia e Finanza“. È un passo indietro? No, se è confermata l’altra condizione della transizione ecologica: l’indirizzo complessivo del governo, quindi, in particolare, del presidente del Consiglio Draghi.

L’impostazione europea delle dichiarazioni programmatiche del presidente Draghi in occasione del voto di fiducia del Parlamento lasciano ben sperare: le tematiche della crisi climatica e ambientale sono robustamente presenti, diversamente che nel passato anche recente,  cosi come la necessità di cambiare “alcuni modelli di crescita”.

Con una novità che mi pare importante sottolineare.I grandi temi come la crisi climatica e ambientale hanno una portata ampia, richiedono cambiamenti profondi e durevoli. Sarebbe meglio che questi grandi temi fossero più trasversali, più condivisi oltre gli schieramenti politici, per non essere troppo soggetti all’incertezza dei cambi di maggioranza politica e privati di un quadro stabile di riferimento, indispensabile per cambiamenti sociali ed economici  profondi e di lunga durata. Il governo Draghi potrebbe sperimentare la promozione di questa ampia e inedita convergenza ecologica.


Articolo originale pubblicato su Huffington Post Blog in data 19/02/2021
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