Le emissioni di gas serra del sistema del cibo

di Edo Ronchi

dal blog HuffingtonPost

La pandemia da Covid-19 ha accresciuto l’attenzione verso i sistemi alimentari, in particolare verso i loro delicati rapporti con l’ambiente e le risorse naturali. In questo nuovo contesto è da segnalare un recente studio, realizzato a Berlino dal WWf, dall’UNEP e da Climate Focus Enhancing NDCS for food systems, pubblicato in agosto di quest’anno, 2020.

Questo studio prende in considerazione il complesso degli impatti climatici delle attività del “sistema del cibo”: dalla coltivazione, al raccolto, alla lavorazione dei prodotti, al loro imballaggio, al trasporto, alla vendita, al consumo fino alla gestione dei rifiuti generati.

L’agricoltura, l’uso del suolo e delle foreste sono responsabili circa del 24% delle emissioni globali di gas serra, a fronte del 25% generati con la produzione di elettricità e di calore, del 21% dell’industria, del 14% dei trasporti  e del 16% dagli edifici e altri usi energetici (IPCC,2014). Ma se consideriamo l’intero sistema del cibo – quantifica questo studio – si può arrivare fino al 37% delle emissioni complessive di gas serra.

Sappiamo per studi ormai consolidati (IEA e UNEP) che gli impegni nazionali dichiarati dai governi (NDCS) di riduzione delle proprie emissioni di gas serra sono insufficienti perché non in traiettoria con l’Accordo di Parigi e che sono in discussione misure per aumentarli. Questo studio ci dice almeno due cose importanti: nei piani presentati dai governi, in genere, le misure per ridurre le emissioni di gas serra del sistema del cibo sono largamente sottovalutate e, a volte, perfino ignorate; le misure per ridurre le emissioni di gas serra da parte delle attività coinvolte dal sistema del cibo sono ampiamente praticabili senza costi eccessivi, hanno un potenziale di riduzione rilevante e, spesso, comportano anche altri benefici, oltre al taglio delle emissioni.

Complessivamente nella produzione di cibo, con adeguate tecniche agricole, di allevamento e di uso del suolo, si potrebbero ottenete riduzioni annue di emissioni di gas serra di 7,2 miliardi di tonnellate di CO2 equiv. all’anno e, riducendo le perdite di cibo, diminuendo e migliorando la gestione dei rifiuti, si potrebbe ottenere una ulteriore riduzione di 1,8 miliardi di tonnellate di CO2 equiv. all’anno, che, insieme, contribuirebbero per circa il 20% al taglio dei gas serra necessari per la neutralità carbonica al 2050.

Senza trascurare il fatto che il sistema del cibo è molto esposto ai rischi e ai pericoli del riscaldamento globale e dei sempre più frequenti e intensi eventi atmosferici estremi: necessita quindi di urgenti e impegnative misure di adattamento. Soluzioni di riduzione delle emissioni nature-based, come gli approcci agroecologici, regenerativi, conservativi, organici, l’adozione di diete salutari e sostenibili e di gestioni circolari dei rifiuti, contribuiscono anche a rendere i sistemi del cibo più resilienti.

Una, anche breve, ricognizione delle diverse attività coinvolte nel sistema del cibo evidenzia quante potenzialità esistano per interventi che comportano diversi vantaggi climatici ma anche sociali ed economici. Le analisi e le proposte vanno collocate nelle specifiche realtà territoriali, tenendo conto delle vocazioni e delle caratteristiche produttive, delle abitudini alimentari e delle gestioni degli scarti e dei rifiuti. Un’analisi che, in vista dell’aggiornamento del piano nazionale di misure per il clima, andrebbe fatta anche in Italia dove, fra l’altro, il sistema del cibo ha un grande rilievo anche economico.


Articolo originale pubblicato su Huffington Post Blog in data 04/09/2020
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