Il Patto dei Sindaci a metà del guado

di Andrea Barbabella

Il Patto dei Sindaci è probabilmente una delle iniziative di maggiore successo tra quelle promosse fino ad oggi dalla Commissione europea.

Partita nel 2008, oggi vede l’adesione di quasi 3.500 Enti locali per oltre 155 milioni di cittadini europei; come termine di paragone, basta ricordare che nell’ambito dell’Agenda XXI locale, esperienza con cui il Patto dei Sindaci condivide molti aspetti, le Città che hanno aderito alla Carta di Aalborg dal 1994 ad oggi sono “appena” 2.800.

Il successo dell’iniziativa europea sembra avere sorpreso lo stesso Ufficio del Patto, la cui struttura fatica a stare dietro alla crescente mole di lavoro necessaria a sostenere l’iniziativa, come dimostrano anche i 180 piani valutati e approvati dal JRC contro i 1.140 finora inoltrati.

Questo successo è stato fin qui misurato attraverso numeri in grado di esprimere la capacità di coinvolgimento dell’iniziativa, e può essere ricondotto a una molteplicità di concause.

Tra queste, due sono assolutamente rilevanti:

1) la crescente attenzione per i temi dell’energia e della sostenibilità, sempre più al centro dell’attenzione dei cittadini e a cui sempre più si legano le prospettive di riscatto dalla attuale crisi economica e occupazionale;

2) il nuovo protagonismo delle amministrazioni locali, che operano nella dimensione più congeniale alla sperimentazione politica, e sulle quali si ripercuotono sia la perdita di credibilità dell’attuale establishment politico, sia il diffondersi di un nuovo movimentismo dal basso, fortemente radicato sul territorio ma allo stesso tempo connesso a livello globale attraverso le tecnologie dell’informazione. Tuttavia, nonostante questo importante seguito, il successo del Patto dei Sindaci misurato sui risultati ottenuti, ossia sulla capacità di ridurre in modo significativo le emissioni di gas serra a scala locale, è tutt’altro che scontato. Anche per questo, forse, il Comitato delle Regioni Europeo, nella persona della Presidente Mercedes Bresso, in occasione dell’ultima Cerimonia annuale del Patto ha voluto presentare una proposta di rinnovamento dell’iniziativa, denominata ABC (Activate, Broaden, Cooperate): la proposta si concentra sul finanziamento alle azioni dei piani, sull’ampliamento degli obiettivi anche al di fuori dell’ambito energetico, e sulla esportazione dell’iniziativa al di fuori dei confini europei.

In questo particolare momento, in cui potremmo dire che l’iniziativa si trova“a metà del guado”, prendendo spunto dagli esiti dell’ultima Conferenza delle parti di Durban, la Fondazione ha organizzato un Convegno con l’intento di mettere a confronto le migliori pratiche nazionali e, a partire da queste, individuare le principali criticità e le opportunità di crescita dell’iniziativa, con particolare riferimento alla situazione italiana e al finanziamento delle iniziative. Questo anche tenendo conto del ruolo svolto dal nostro Paese, che con quasi 1.770 comuni firmatari è di fatto il primo Paese promotore dell’iniziativa.

Di seguito riporto brevemente quattro punti che mi sono sembrati essere centrali nella discussione del 9 febbraio.

1. Governance e innovazione

Che significa innovazione della governance comunale ma anche capacità di accettare la sfida dell’innovazione. Quello attivato con il Patto dei Sindaci è un processo che parte con la stesura del Piano e si conclude nel 2020 con il raggiungimento – si spera – dell’obiettivo di riduzione delle emissioni. Le strutture e le procedure attuali non consentono alle Amministrazioni locali, specie se di piccole dimensioni, di governare un processo di questa portata. A ciò si è tentato di rispondere, almeno in parte, attivando fin dall’inizio del processo cabine di regia e tavoli di coordinamento variamente organizzati, per costituire uno spaziodi integrazione tra aree e settori dell’Amministrazione spesso non interagenti tra di loro. In questo ambito testimonianze importanti sono state portatedalla Provincia di Roma e dal Comune di Bracciano, come anche dalla regione Abruzzo. Anche la città di Roma si è dotata di una apposita struttura tecnica, l’Osservatorio ambientale, con il compito di presiedere all’intero processo del Patto dei Sindaci. Naturalmente la ricerca della integrazione orizzontale da sola non basta ad attivare un processo interno virtuoso: è necessario anche essere capaci di percorrere strade nuove, di ricercare soluzioni inedite, e di scommettere fino in fondo sull’iniziativa: spesso uno dei principali elementi di blocco è proprio lo scetticismo di tecnici e operatori comunali, in alcuni casi giustificato dal fallimento di analoghe esperienze precedenti. In questo caso la figura del Sindaco è fondamentale nel creare un ambiente positivo, magari anche coinvolgendo personale giovane, e motivare il gruppo di lavoro nel non facile compito che lo attende: non per nulla si chiama Patto dei Sindaci.

2. Integrazione delle iniziative sulle città sostenibili

Spesso il Patto dei Sindaci si inserisce in un contesto fatto di molteplici iniziative che toccano il tema della sostenibilità energetica in modo più o meno diretto. Se questi processi vengono portati avanti ognuno in maniera indipendente, tendono ad indebolirsi generando un uso inefficiente delle risorse interne – spesso già scarse di per sé – se non addirittura ad entrare in aperto conflitto (laddove si renda esplicita ad esempio una sovrapposizione di competenze). Interessanti le esperienze di Torino e Genova, che stanno perseguendo la strada della integrazione di iniziative diverse, la prima utilizzando Smart City come contenitore principale, la seconda ricercando la sintesi nella fase di pianificazione urbanistica.

La Provincia di Sassari ha attivato invece un “progetto quadro”, denominato Sassari 20-20-20, all’interno del quale rientrano le diverse attività tra cui quella del Patto dei Sindaci. In linea generale non si registrano esperienze che vadano autonomamente in direzione di quanto proposto dal Comitato delle Regioni, allargando cioè il campo di azione del Patto dei Sindaci o comunque facendo di questa iniziativa un catalizzatore per altri processi (è accaduto anzi il contrario).

Non bisogna dimenticare che il Patto dei Sindaci prevede una procedura rigorosa e codificata, molto onerosa sia per i Comuni che per la stessa Commissione Europea, e forse non facilmente replicabilein altri campi. Peraltro, proprio il focus su un tema specifico e sul quale si registrano pressioni importanti, potrebbe essere il fattore decisivo per promuovere una concreta implementazione delle azioni in campo. L’unico aspetto sul quale sembra esserci condivisionesu un ipotetico allargamento del Patto è quello dell’adattamento al cambiamento climatico, tema peraltro contiguo a quello dell’energia sostenibile.

3. Coinvolgimento attivo

Il tema della partecipazione è ben rappresentato all’interno del Patto dei Sindaci, e ciò accomuna l’iniziativa a quella delle Agende XXI locali. Si tratta di una partecipazione operativa, non formale, e ciò appare subito evidente dalla quantità di interventi previsti nei SEAP che non dipendono direttamente dall’Amministrazione comunale ma che sono a carico dei privati cittadini. L’azione di coinvolgimento deve iniziare da subito, dando vita a un vero e proprio processo di co-pianificazione o pianificazione partecipata, e proseguendo poi nella fase di implementazione delle azioni.

Tuttavia l’esperienza insegna che attivare un processo partecipativo efficace è tutt’altro che facile. La provincia di Teramo ha finanziato una campagna di comunicazione e “info-formazione”, che ritiene essere un fattore chiave per il successo del Patto dei Sindaci. Oltre al coinvolgimento di cittadini e stakeholder, va ricercato anche il coinvolgimento di più Enti locali appartenenti a un territorio e il mutuo scambio di esperienze, cosa su cui ha puntato la Provincia di Modena con la creazione del Club del Patto. La necessità di fare rete si lega anche alla questione delle dimensioni piccole e piccolissime della maggior parte dei Comuni italiani aderenti all’iniziativa: oltre il 97% degli enti firmatari è costituito da comuni con meno di 50 mila abitanti, e di questi oltre l’80% non raggiunge i 10 mila residenti. Per Comuni di questo tipo, in assenza di un importante supporto esterno, è quasi impossibile seguire un percorso impegnativo come quello tracciato dal Patto, e la creazione di consorzi e partenariati diventa praticamente d’obbligo. Tuttavia anche questa strada non è semplice da percorrere, e fino ad oggi sono poche le esperienze virtuose in questo senso, per lo più catalizzate da strutture già esistenti come Comunità Montane, Unioni di Comuni etc.

4.  Finanziamento delle azioni

Il finanziamento delle azioni viene considerato dai più il principale – anche se non il solo – ostacolo all’ingresso nella fase 2, di “implementazione”, del Patto dei Sindaci. A livello nazionale sono presenti una serie di meccanismi incentivanti, attualmente in revisione, che di fatto già supportano interventi sulle fonti rinnovabili e sull’efficienza energetica rendendoli remuneratividal punto di vista economico. Tuttavia resta il problema dell’investimento iniziale, che per le amministrazioni pubbliche si scontra con il vincolo di bilancio e per i privati con l’accesso al credito.

Durante la sessione mattutina del Convegno, sul primo aspetto un importante contributo è venuto dal Ministro dell’Ambiente Corrado Clini che, ricordando come la green economy richieda ingenti investimenti in questa fase, ha sottolineato la necessità di introdurre una certa flessibilità ai vincoli di bilancio (ovviamente parlando a livello europeo). In attesa di novità su questo fronte, prefigurate dallo stesso Premier Monti, la strada percorsa fino a oggi è stata quella del coinvolgimento diretto dell’impresa privata nelle iniziative promosse dall’Amministrazione pubblica. Rimane tuttavia il problema dell’accesso al credito, con una preoccupante tendenza da parte degli Istituti bancari a concedere prestiti con sempre maggiori difficoltà e a tassi sempre più proibitivi.

Anche per questo si è cercato di ricorrere spesso ad accordi specifici con Istituti bancari locali, o ai prestiti agevolati della Banca Europea degli Investimenti, come nel caso della Provincia di Modena, di Milano e Chieti. Rimane il fatto che la maggioranza dei comuni medio-piccolirimane esclusa dalla possibilità di partecipare a finanziamenti europei, e spesso anche nazionali: su questo aspetto il Fondo rotativo per Kyoto, annunciato dal Ministro per il prossimo mese, dovrebbe porre almeno in parte rimedio, con 600 Mln euro di finanziamento iniziale che dovrebbe dopo il 2013 essere integrato con i proventi del mercato dei crediti di carbonio ETS, per 400 milioni ogni anno.

Andrea Barbabella, Responsabile Energia della Fondazione per lo sviluppo sostenibile

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