Portiamo in Italia la Conferenza Onu sul clima 2020

di Edo Ronchi

dal blog HuffingtonPost

Con un voto convergente fra maggioranza e opposizione, quindi con larghissimo consenso, la Camera dei Deputati ha votato una mozione che impegna il governo a proporre in sede ONU la candidatura dell’Italia per ospitare la 26^ Conferenza mondiale delle parti (COP 26) sul clima nel 2020, a 5 anni dall’Accordo di Parigi.

Oltre all’Italia, fra i Paesi canditati, ci sono la Turchia e il Regno Unito. La Turchia però non ha ancora ratificato l’Accordo di Parigi e quindi non potrebbe ospitare tale Conferenza; il Regno Unito sta attraversando un periodo molto delicato per le vicende della Brexit e pare proprio difficile che sia in grado di proporsi per gestire un simile appuntamento internazionale. È quindi probabile che la COP 26 si tenga in Italia, per la città ospitante si parla di Milano.

La comunicazione della decisione solitamente viene fatta a fine novembre dell’anno precedente – alla COP 25 che si terrà in Cile – ma già a settembre si dovrebbe sapere, ufficiosamente, quale sarà il Paese ospitante.

La COP 26 è una scadenza importante per la complessa diplomazia internazionale per il clima. Dovrà, infatti, verificare in che misura i Paesi intendono aumentare le loro ambizioni nella riduzione delle emissioni dei gas serra alla luce del recente Rapporto IPCC (SR 15), visto che gli impegni dichiarati dai governi, in attuazione dell’Accordo di Parigi, porterebbero ad un aumento medio globale della temperatura ben oltre 1,5 °C e che sono anche insufficienti a stabilizzare l’aumento delle temperature sotto i 2°C.

Sapevamo che il punto debole dell’Accordo di Parigi erano i tempi troppo lunghi, a fronte dell’accelerazione della crisi climatica. L’illusione di aver raggiunto il picco delle emissioni mondiali è stata spazzata via dal nuovo aumento degli ultimi due anni. La COP 26 sarà l’occasione per dimostrare che i governi hanno capito la lezione.

Per rendere possibile, anche nella data – troppo lontana – fissata al 2023, la verifica dell’Accordo di Parigi e rimettere gli impegni nazionali in traiettoria, occorre infatti sancire che gli impegni nazionali, conteggiati con criteri omogenei, vanno aumentati e avere la disponibilità dei vari Paesi a procedere con maggiori e adeguate riduzioni.

Come già in passato, anche in questo passaggio, avranno un ruolo rilevante i grandi Paesi, grandi emettitori di gas serra: Cina, Stati Uniti e Unione Europea. La Cina ha sempre difeso l’Accordo di Parigi, ma non ha assunto impegni quantificati di riduzione delle proprie missioni globali di gas serra, ma solo di riduzione dell’intensità energetica e dell’intensità carbonica. Gli Usa di Trump hanno dichiarato l’intenzione di lasciare l’Accordo di Parigi: alla fine di quest’anno lo potranno fare.

Attiveranno la procedura di uscita che richiederà un altro anno per giungere al termine? Comunque sta di fatto che sia la Cina sia gli Stati Uniti nel 2018 hanno aumentato le loro emissioni di gas serra. Che ruolo avrà l’Europa? Adeguerà i propri impegni, aumentandoli, per essere in traiettoria con l’Accordo di Parigi e per giocare un ruolo di leader mondiale per il clima? Sarà capace e vorrà fare dell’impegno per il clima una sfida centrale per il futuro, di innovazione e di competitività internazionale della propria green economy?

Questi nodi arriveranno al pettine alla COP del 2020. L’Italia non solo la potrebbe ospitare, ma, in quel caso, ne gestirebbe la Presidenza, insieme al Cile, ma con il ruolo prevalente del Paese ospitante: una responsabilità di grande rilievo che, per prevenire rischi di insuccesso non trascurabili in un’impresa piena di difficoltà come questa, va gestita con una impegnativa iniziativa europea e internazionale, sorretta da una chiara visione, un indirizzo ben definito e adeguate competenze tecniche. Una simile Conferenza mondiale in Italia sarà comunque un’occasione di attenzione mediatica e di mobilitazione dell’opinione pubblica che non possono che giovare alla causa del clima.

 


Articolo originale pubblicato su Huffington Post Blog in data 12/04/2019

Facebooktwitterlinkedinmail