Quarto Rapporto sullo Stato del Capitale naturale, le criticità in Italia

L’Italia rappresenta uno dei paesi Europei con il più alto tasso di biodiversità d’Europa anche grazie alla notevole diversità climatica e di ecosistemi. Lo stato di salute complessivo degli ecosistemi e della biodiversità presenta numerose criticità, segnalando il mancato raggiungimento di parte dei target indicati dalle strategie e direttive comunitarie.

Il Quarto Rapporto sullo Stato del Capitale Naturale in Italia, predisposto tra novembre 2020 e marzo 2021, dal Comitato Capitale Naturale, sottolinea la necessità di preservare e ripristinare il capitale naturale per garantire una ripresa duratura che è riconosciuta dall’Agenda Onu per lo sviluppo sostenibile e dal Green Deal europeo. Per il raggiungimento dei target strategici nazionali ed europei – dice il Rapporto – è urgente e inderogabile la definizione di azioni più incisive, integrate, valutabili ed efficaci per invertire la rotta nel prossimo decennio come indica  la nuova Strategia dell’UE sulla biodiversità per il 2030.

Dagli inizi del 2021, rende noto il Rapporto, l’Italia ha una Lista Rossa degli ecosistemi che valuta il rischio degli ecosistemi cartografati a scala nazionale, si tratta di 85 tipologie di ecosistemi, così ripartite: 44 forestali, 8 arbustivi, 8 prativi, 7 erbacei radi o privi di vegetazione, 11 acquatici, 7 igrofili. Data l’elevata eterogeneità ambientale del Paese le valutazioni di rischio per ciascun ecosistema sono state effettuate all’interno di ambiti ecologici ben definiti, cinque province ecoregionali (Alpina, Padana, Appenninica, Tirrenica e Adriatica).

Secondo la Lista Rossa degli Ecosistemi, gli ecosistemi a elevato rischio sono ben 29. Gli ecosistemi in pericolo critico coprono solo lo 0,3% e gli ecosistemi in pericolo il 3% del territorio nazionale. Gli ecosistemi vulnerabili coprono il 16% della superficie e un ulteriore 20% ospita ecosistemi vicini al pericolo che potrebbero presto diventare a rischio. In termini ecoregionali, le Ecoregioni Padana e Adriatica presentano una situazione critica dato che tutti gli ecosistemi sono a rischio. Nell’Ecoregione Padana solo l’8% ospita ecosistemi naturali e seminaturali. Anche i 13 ecosistemi dell’Ecoregione Adriatica sono a rischio con 2 in condizioni critiche, 5 in pericolo e 6 vulnerabili.

Tra gli ecosistemi e la biodiversità prese in considerazione dal Rapporto ci sono le foreste e l’avifauna.

Foreste – Nell’arco di poco più di mezzo secolo l’ampiezza delle foreste nel nostro Paese è praticamente raddoppiata, raggiungendo la superficie di circa 12 milioni di ettari pari quasi al 40% del territorio nazionale. L’ammontare complessivo di anidride carbonica immagazzinata negli ecosistemi forestali italiani è pari a 4,5 Gt (miliardi di tonnellate). Per effetto dell’accrescimento degli alberi vengono fissati annualmente 46,2 Mt di anidride carbonica dall’atmosfera, ovvero il 12% di tutte le emissioni italiane. Gli ecosistemi forestali italiani sono tra i boschi con più elevata biodiversità in Europa.

Avifauna – Viene registrata una situazione di crisi per molte specie, in taluni casi anche grave, legata principalmente alla sofferenza dei relativi habitat. Il 63% delle specie di uccelli nidificanti in Italia risulta in cattivo o inadeguato stato di conservazione, mentre la recente Lista Rossa nazionale classifica 72 specie (ossia il 25.9% delle specie valutate) a rischio di estinzione, di cui 10 in pericolo critico, 39 in pericolo e 23 vulnerabili. La nuova Strategia dell’UE sulla biodiversità per il 2030 richiede agli Stati membri di attivarsi per migliorare significativamente lo stato di conservazione delle specie protette dalla Direttiva Uccelli e dei loro habitat.

La perdita di biodiversità, sottolinea il Rapporto, può indebolire un ecosistema e compromettere la fornitura dei servizi ecosistemici. Nel Rapporto sono stati analizzati 12 servizi ecosistemici e la loro variazione fra il 2012 e il 2018 che ha visto la diminuzione nel flusso di molti dei servizi ecosistemici analizzati, con ripercussioni negative sui valori economici da essi dipendenti. 72 milioni di m3 in meno di risorsa idrica ricaricata in acquiferi, al 2018 rispetto al 2012; fino a 146 milioni di perdite economiche associate all’incremento di erosione dei suoli che è aumentata  da 11,63 a 11,69 ton/ha, quasi due milioni e mezzo di tonnellate di perdita di carbonio immagazzinato nella vegetazione e nel suolo a causa della variazione di uso e copertura del suolo, da cui deriva una perdita di benefici economici che varia tra i 491 e i 614 milioni di euro.

Il Comitato Capitale Naturale, nel Rapporto, indica una direzione per il futuro la nostra deve essere la prima generazione capace di lasciare i sistemi naturali e la biodiversità dell’Italia in uno stato migliore di quello che abbiamo ereditato”, ma avverte, il tempo a disposizione per invertire la rotta appare purtroppo essere sempre più ristretto”.

 

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