Recovery Plan, come rendere effettiva la priorità del Green Deal

di Edo Ronchi

dal blog HuffingtonPost

La tanto lungamente attesa proposta di Piano nazionale di Ripresa e Resilienza, per l’utilizzo dei fondi di “Next Generation UE”, è stata finalmente approvata dal governo. L’esito finale di questa proposta resta incerto perché è legato agli esiti della crisi di governo, all’esame parlamentare, all’esame della Commissione europea e a quello finale del Consiglio europeo.

Nel testo uscito dal Consiglio dei Ministri del 12 gennaio, non c’è l’Allegato con le schede progetto, presente nella versione del 29 dicembre scorso, che forniscono informazioni necessarie per comprendere la concreta articolazione delle proposte di questo Piano. In attesa che tali informazioni siano fornite, si può esprimere una valutazione parziale di questo Piano: degli obiettivi generali, della ripartizione delle risorse finanziarie e degli indirizzi progettuali indicati, per buona parte generici.

Gli obiettivi del piano italiano sono numerosi e raggruppati in ben 6 missioni – digitalizzazione e cultura, rivoluzione verde e transizione ecologica, infrastrutture, istruzione e ricerca, inclusione e coesione, salute – con una ancora più vasta articolazione di  settori e progetti di intervento.

L’indirizzo europeo di Next Generation EU è invece centrato su alcuni obiettivi, con una priorità molto chiara: un Green Deal basato sulla transizione digitale e green, con l’indicazione della decisione del Consiglio europeo di dedicare almeno il 30% di Next Generation EU alle misure per il clima. Il Piano francese, per fare un esempio significativo, è centrato su tre missioni: la transizione ecologica, la competitività con la digitalizzazione e la coesione basata sul un programma per i giovani. L’allargamento degli obiettivi priva il Piano italiano di effettive priorità e rischia di renderne più complessa e più difficile l’attuazione.

Per “la rivoluzione verde e la transizione ecologica, il Piano stanzia circa 69 miliardi, dei quali però solo 36 sono per nuovi progetti. Circa 31 miliardi di Next Generation EU sono, infatti, destinati a sostituire finanziamenti già stanziati per progetti già in essere (per arrivare al totale sono conteggiati anche altri finanziamenti europei già stanziati). In sostanza  per nuovi progetti, per tutte le numerose e impegnative tematiche della transizione ecologica, dei fondi nuovi di Next Generation sarebbero disponibili solo 6 miliardi l’anno, in media, fino al 2026.

Gli obiettivi generali individuati dal Piano per la missione “Rivoluzione verde e transizione ecologica“ sono numerosi: rendere la filiera agroalimentare sostenibile, implementare pienamente il paradigma dell’economia circolare, ridurre le emissioni di gas serra in linea con gli obiettivi del 2030 del Green Deal, incrementare la produzione di energia da fonti rinnovabili e sviluppare la rete di trasmissione, promuovere e sviluppare la filiera dell’idrogeno, sostenere la transizione verso mezzi di trasporto non inquinanti e le filiere produttive, migliorare le performance energetiche e antisismiche degli edifici, assicurare la gestione sostenibile della risorsa idrica, contrastare il dissesto idrogeologico e un programma di riforestazione e migliorare la qualità delle acque interne e marine.

Scrivendo meglio della mobilità sostenibile e non dimenticando la tutela e il ripristino del capitale naturale e dei servizi ecosistemici, la lista degli obiettivi della transizione ecologica sarebbe stata completa e condivisibile.

Ma la carenza maggiore per l’effettiva priorità del Green Deal in questo Piano si riscontra nella ripartizione delle risorse per finanziare nuovi interventi. Vediamo alcuni esempi. Correttamente nel piano è scritto che il Green Deal europeo fissa l’obiettivo di riduzione del 55% delle emissioni  di gas serra al 2030 e della neutralità climatica al 2050 e che ciò richiede “ingenti investimenti”. In questa proposta di Piano gli investimenti per le nuove misure climatiche non solo non sono ingenti, ma non sono neppure il 30% (circa 63 miliardi).

Si sente la mancanza di un aggiornamento del Piano energia e clima e quindi  della individuazione delle misure necessarie per  arrivare alla riduzione del 55% delle emissioni al 2030, ma è certo che con le misure finanziate da questo Piano (oltre a quelle di buon livello per l’efficientamento energetico degli edifici sia pubblici sia privati, ci sono solo 1,3 miliardi l’anno in più per tutte le rinnovabili, per la filiera e le reti e poco altro per tutto il resto delle misure)  si resta molto lontani dal nuovo target.

Per l’economia circolare, basta una scorsa all’elenco delle nuove misure previste dal recente secondo Piano europeo per l’economia circolare per rendersi conto che gli stanziamenti previsti da questo Piano (250 milioni l’anno  per la realizzazione di nuovi impianti e l’ammodernamento degli impianti  esistenti di riciclo e altri 330 milioni l’anno per la transizione all’economia circolare) sono largamente inadeguati.

Per la mobilità urbana sostenibile ci sono solo 760 milioni l’anno che dovrebbero servire per un numero elevato di misure (per le ciclovie, la filiera dei veicoli elettrici e ibridi, il rinnovo della flotta autobus, di quella dei treni regionali e dei trasporti navali regionali e per il trasporto rapido di massa) con quasi nulla sul tema strategico della sharing mobility.

Che si potrebbe fare quindi per disporre di risorse necessarie per finanziare adeguatamente e rendere quindi effettivamente prioritarie in questo Piano le nuove misure per il Green Deal che non è solo richiesto dall’Europa, ma è importante per cogliere e valorizzare i potenziali molto elevati di sviluppo della green economy italiana?

Ci sarebbero almeno tre possibilità: distribuire fra tutte e 6 le missioni in modo più equo i 66 miliardi di finanziamento dei progetti in essere, concentrati per ben 31 nelle misure della transizione ecologica, lasciando così più risorse di Next Generation EU disponibili per nuovi progetti di questa missione; ridurre la gamma degli interventi per concentrare maggiori risorse sulle priorità del Green Deal; usare una parte del prestito del MES per coprire almeno una parte dei 18 miliardi previsti per la salute e liberare così parte delle risorse di Next Generation EU per altre destinazioni.


Articolo originale pubblicato su Huffington Post Blog in data 15/01/2021
Facebooktwitterlinkedinmail