di Edo Ronchi
Il livello delle preoccupazioni alla nona edizione degli Stati generali della green economy che si è tenuta a distanza il 3 e il 4 novembre scorsi, era piuttosto alto: la pandemia ha colpito pesantemente e, mentre si sperava in un’uscita dall’emergenza, è arrivata la seconda ondata.
Ma quando, nella plenaria di apertura, si è aperto il dibattito sulle proposte del Consiglio nazionale della green economy per utilizzare i fondi di Next Generation EU, in particolare con due ministri, Amendola e Costa e con due sottosegretari, Misiani e Fraccaro, l’atmosfera è cambiata. È parso chiaro che la green economy italiana, nei suoi settori strategici- dell’energia rinnovabile e dell’efficienza energetica, dell’economia circolare, dell’agroalimentare di qualità, della mobilità sostenibile e delle green city – dispone di proposte immediatamente operative e di qualità, in grado di contribuire in modo decisivo al rilancio dell’Italia.
La concretezza delle proposte e le potenzialità dei vari settori strategici della green economy italiana sono risultate ancora più nette durante le cinque sessioni tematiche pomeridiane e durante al sessione internazionale. Con un’indicazione emersa in modo chiaro, non l’unica, ma che mi pare di particolare rilievo. Viene richiesto uno sforzo straordinario alle imprese della green economy per lanciare un vero e proprio Green Deal; saranno disponibili anche ingenti risorse finanziarie, europee e nazionali, di dimensioni mai viste prima; disponiamo, inoltre, di imprese con capacità, esperienza e tecnologie per impiegarle rapidamente ed efficacemente. Ma c’è un diffuso timore per i tempi lunghi e le modalità troppo complicate delle autorizzazioni e delle pratiche amministrative necessarie per la messa in opera delle varie attività previste.
Gli esempi, citati nel dibattito, sono stati numerosi. Pacchi di progetti, di impianti nuovi e di rifacimenti, per lo sviluppo delle fonti rinnovabili sono bloccati da lungo tempo. Come si farà a raddoppiare la capacità installata, come richiesto dal nuovo target climatico europeo? Per avere un decreto End of waste servono mediamente 4/5 anni. Con fatica è stato introdotto un meccanismo di autorizzazione End of waste, caso per caso affidato alle Regioni, ma subito lo si è ostacolato introducendo normativamente un controllo anomalo, di secondo livello, senza precedenti e non presente in nessun altro Paese europeo.
Per avere accesso all’ecobonus del 110% abbiamo contato ben 34 documenti da produrre. Sappiamo che la capacità del nostro sistema Paese di utilizzare i fondi europei è piuttosto limitata. Cosa abbiamo fatto di nuovo per assicurare un migliore e più rapido utilizzo dei fondi europei, alla vigilia della possibilità di impiego delle ingenti risorse messe a nostra disposizione da Next Generation EU?
Per poter avviare realmente un Green Deal non dobbiamo pensare solo alle risorse disponibili e ai progetti per utilizzarle, ma anche a nuove modalità operative efficienti e a procedure autorizzative più rapide: mi pare un’indicazione fondamentale di questi Stati generali.