Un governo per un Green New Deal per l’Italia?

di Edo Ronchi

dal blog HuffingtonPost

Nel 2013, agli Stati generali della Green economy di Rimini, lanciavamo la proposta di un Green New Deal. (Io e altri, Un Green New Deal per l’Italia, Ed Ambiente 2013, con la presentazione di Simon Upton, direttore ambiente dell’OCSE e l’introduzione di Tim Jackson).

Provo quindi una particolare soddisfazione nel vedere, sia pure qualche anno dopo, quella proposta fra quelle qualificanti per il nuovo governo Conte e per l’inedita, alleanza 5Stelle e Pd che lo sostiene.

Se non basta una rondine a segnare l’inizio della primavera, ancora meno basta una dichiarazione programmatica per qualificare una politica di governo. Vi sono, tuttavia, in questo caso anche altri indizi. Sia i 5 Stelle, sia il Pd hanno bisogno, per dare credibilità e consistenza a questo governo, di individuare un’ispirazione comune e condivisa, forte e innovativa, diversa da quelle del precedente governo 5Stelle e Lega.

Questo fattore unificante dovrebbe avere caratteristiche progressiste per essere ben accetto dal Pd, ma non tradizionali, per essere ben accetto anche dai 5Stelle. Con queste premesse le delegazioni delle due forze politiche che hanno fatto l’accordo programmatico sono arrivate – è parso agevolmente – a una proposta di Green New Deal per l’Italia.

Che ha anche un’altra caratteristica: è un progetto innovativo di sviluppo a elevata qualità ecologica, necessario come l’aria che si respira per questo nuovo governo. Non basta più dire che vanno rilanciati i consumi e/o gli investimenti per promuovere lo sviluppo di un’Italia a bassa crescita economica e ad alto debito pubblico.

Occorrono nuove idee di sviluppo. Il canale della green economy pare oggi quello più in grado di raccogliere e indirizzare idee e iniziative innovative per lo sviluppo: per l’economia circolare, per le rinnovabili e l’efficienza energetica come cardini delle politiche per il clima, per la mobilità sostenibile, per l’agricoltura di qualità, per beni e servizi ambientali, la rigenerazione urbana, la prevenzione del dissesto idrogeologico etc.

Tutto bene quindi? Dipende. Aver individuato una rotta non significa essere in grado di percorrerla. Capiremo meglio dagli atti di governo la sua reale capacità di muoversi in una direzione di “Green New Deal”.  Alcune verifiche sono a breve scadenza.

L’economia circolare, pilastro della green economy, giustamente citata nel programma del nuovo governo, ha grandi potenzialità di sviluppo in Italia:  Paese con un’importante manifattura e povero di materie prime. L’economia circolare modifica modelli di produzione e di consumo e va oltre il riciclo dei rifiuti, ma senza il riciclo diventa un sacco vuoto che non sta in piedi.

Oggi l’Italia è l’unico Paese in Europa dove è in corso un blocco normativo sulla cessazione della qualifica di rifiuto (End of Waste) che sta fermando numerose attività di riciclo dei rifiuti. Questo blocco va tolto, con la massima urgenza.

La crisi climatica è sia la più grande sfida ambientale della nostra epoca, sia un’occasione per innovare la produzione e l’uso dell’energia, per entrare nell’era delle rinnovabili e dell’efficienza energetica. Il governo uscente ha presentato un Piano nazionale integrato per l’energia e il clima al 2030 che – come le scelte europee vigenti e, non a caso, rimesse in discussione –  è poco ambizioso e che andrebbe messo in traiettoria con l’Accordo di Parigi, varando una nuova strategia per emissioni nette pari a zero entro il 2050.  Ci sarà inoltre la prima finanziaria del nuovo governo che molto potrebbe dire e fare per un “Green New Deal”. Speriamo bene.


Articolo originale pubblicato su Huffington Post Blog in data 06/09/2019
Facebooktwitterlinkedinmail