“L’onestà intellettuale è una qualità dei grandi”

A cura di Raimondo Orsini

Nel 1908 il chimico Frederick Soddy annunciò che la potenza enorme concentrata nel nucleo dell’atomo poteva “trasformare un continente desertico, sciogliere il polo nord e il polo sud, e rendere il mondo un sorridente Giardino dell’Eden”.

A parte le considerazioni sulle nefaste conseguenze dell’uso militare e civile di tale potere atomico, non proprio paragonabili al felice giardino dell’Eden, avvenute nei decenni successivi alla dichiarazione certamente ottimistica di Soddy (da Hiroshima a Chernobyl), la ricorrenza del primo anniversario dell’incidente alla centrale giapponese di Fukushima ha dato l’occasione ai media di ospitare nei giorni scorsi numerosi interventi di differenti stakeholders sul tema dell’energia nucleare, a cui abbiamo assistito con molto interesse.

 

Fra questi interventi pubblici penso sia di grande importanza l’iniziativa dell’ Economist, che- nell’edizione della settimana scorsa- ha dedicato un Rapporto speciale di 12 pagine al tema dell’energia nucleare (“Nuclear, a dream that failed”).

 

La cosa veramente interessante, oltre ai dati e ai numeri sulle scorie, sulla sicurezza e sugli altri aspetti tecnici del nucleare (dati come al solito aggiornatissimi e autorevoli) , è che un soggetto come l’Economist, espressione del mondo del capitalismo liberista europeo collegato alla finanza internazionale (e quindi non certo un organo “ambientalista” e del mondo green) abbia pubblicamente ammesso che la posizione tenuta da quel giornale per tutti gli scorsi 25 anni , sostanzialmente di favore allo sviluppo del nucleare, era del tutto errata.

 

E, udite udite, l’Economist sostiene che il sogno nucleare non è più possibile principalmente perché il nucleare “costa troppo”!

 

Secondo l’autorevole magazine infatti, I fantomatici costi bassi del capitale rappresentati da chi vuole investire nel nucleare non si sono mai realizzati e i nuovi reattori in costruzione in Europa hanno “ampiamente sforato le previsioni di budget”. E’ vero, potrebbe sembrare utile investire sull’innovazione tecnologica per ridurre i costi del nucleare, ma l’Economist dice che “una balena evolve molto più lentamente di un insetto” (immagine veramente efficace). e quindi conviene investire in innovazione su altre forme di energia più snelle e leggere.

 

La nostra Fondazione, prima di Fukushima, aveva pubblicato un rapporto di comparazione fra i costi del nucleare nel mondo così come valutati dai 7 più autorevoli studi mondiali (M.I.T., House of Lords, etc.), concludendo molto semplicemente che il nucleare costa troppo, e comunque di più rispetto a quasi tutte le altre fonti energetiche.

Semplice, ma evidente.

 

L’Economist ha oggi pubblicamente ammesso l’errore di valutazione, dando dimostrazione che l’onestà intellettuale è una qualità dei grandi e che, come dicono in Francia “solo gli scemi non cambiano idea”.

 

A questo punto potremmo aspettarci rapide prese di posizione dell’Economist e del liberismo europeo su argomenti analoghi, dall’efficienza energetica come priorità mondiale al ripensamento dei paradigmi della mobilità, alla finanza sostenibile.

 

Hai visto mai che anche in Italia qualcuno dell’old establishment possa svegliarsi dal torpore mediterraneo e accorgersi che il vento sta cambiando?

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