Anche la Cina non è in traiettoria con l’Accordo di Parigi

di Edo Ronchi

dal blog HuffingtonPost

Secondo il rapporto “Global Carbon Budget 2017”, pubblicato in occasione della Cop 23 di Bonn, dopo tre anni di relativa stabilità, nel 2017 le emissioni mondiali di CO2 sarebbero nuovamente aumentate di circa il 2%, per la gran parte a causa di una ripresa delle emissioni cinesi generate da un incremento del 3% dell’uso di carbone, per far fronte ad una accelerazione dei consumi energetici nell’industria e ad una minore produzione di energia idroelettrica.


Non sono ancora dati ufficiali e l’aumento di un anno non è di per sé sufficiente ad indicare un trend; ma poiché sono in tanti, ed autorevoli – a partire da Stern – che hanno detto e scritto della svolta green già in atto in Cina, forse sarebbe il caso di cogliere l’occasione per fare qualche riflessione in più sulle politiche climatiche cinesi, utilizzando i dati aggiornati disponibili del World Energy Outlook 2017, appena pubblicato dall’Agenzia Internazionale dell’Energia (IEA), che dedica un’intera parte alla Cina.
Nel 2016 la Cina, con 1,4 miliardi di abitanti pari al 19% della popolazione mondiale, ha emesso 8,9 miliardi di tonnellate di C02, pari al 28% delle emissioni mondiali, con consumi totali di energia di circa 3 miliardi di tonnellate equivalenti di petrolio (Mld di tep), costituite per il 65% da carbone, per il 18% da petrolio e il 6% da gas (89% di fossili), il 2% da nucleare e il 9% da rinnovabili. Dal 2010 al 2016 la Cina ha aumentato le sue emissioni di CO2 di ben il 16%, un po’ meno dell’aumento dei consumi di energia che è stato del 18%.

La Cina, pur essendo leader mondiale degli investimenti e della potenza installata di solare, di eolico e di idroelettrico, non va dimenticato che è e resta anche di gran lunga il leader del consumo di carbone , con il 51% di quello mondiale ( circa 2,7 Mld di tonnellate su un consumo mondiale di 5,3 Mld nel 2016). Dal 2010 al 2016 la Cina ha aumentato notevolmente le centrali elettriche a carbone (da 660 GW a 945 GW ); dal 2014 ha rallentato il ritmo di aumento del carbone , ma ha continuato a costruire e mettere in esercizio una grande quantità di nuove centrali a carbone, per circa 50 GW in più all’anno.

Gli impegni che la Cina ha presentato per l’Accordo di Parigi (NDC) prevedono di portare la quota di energia non fossile (rinnovabile più nucleare) al 20% e di gas al 15% al 2030 nonché di continuare ad aumentare i consumi di energia fino a circa 4,5 Mld di tep, con una crescita media annua intorno al 3%, simile a quella degli ultimi anni.

Con una simile crescita dei consumi di energia – togliendo la quota, programmata e in corso, di crescita delle rinnovabili, del nucleare e del gas- la Cina consumerebbe al 2030 ben 2,9 Mld di tep prodotti dalla somma di carbone e petrolio, circa 400 milioni di tonnellate in più del 2016 (+16%). Non ci vuol molto a capire che un incremento simile al 2030 della somma di carbone e petrolio – e quindi di aumento delle emissioni di CO2- sarebbe incompatibile con la traiettoria dell’Accordo di Parigi e il limitato budget di emissioni mondiali ancora disponibili al 2050 per il mantenimento dell’aumento di temperatura ben sotto ai 2°C.

Per attuare l’Accordo di Parigi sarebbe bene che anche la Cina rivedesse e rendesse più incisivi i suoi impegni al 2030, limitando la crescita dei suoi consumi di energia e riducendo in modo più consistente quelli di carbone.

 


Articolo originale pubblicato su Huffington Post Blog in data 24/11/2017
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