Con RePowerEU l’Europa accelera: più rinnovabili per affrontare la crisi energetica

di Andrea Barbabella

da HuffPost

Il piano presentato oggi dalla Commissione europea detta una direzione precisa per affrontare la crisi energetica in corso. E lo fa partendo dalla necessità di affrancarsi dalle importazioni di combustibili fossili dalla Russia che in Italia valgono il 25% del totale delle importazioni, come racconta un recente rapporto di Italy for Climate “Da dove viene la nostra energia”. Sono state rafforzate le indicazioni contenute nella comunicazione preparatoria di marzo: per uscire dalla dipendenza fossile dalla Russia e costruire un sistema energetico più sicuro e resiliente, dobbiamo accelerare subito la transizione energetica.

Questa linea si traduce, innanzitutto, in una revisione al rialzo dei target al 2030 rispetto alle proposte fatte dalla stessa Commissione la scorsa estate con il pacchetto Fit for 55, attualmente in discussione. Questo comporterà probabilmente anche un aumento dell’obiettivo sul taglio delle emissioni del 55% tra il 1990 e il 2030. Con RePowerEU la Commissione integra e supera in qualche modo la sua stessa proposta di qualche mese fa, accusata da molti di essere eccessivamente spinta sui target ambientali, imprimendo una forte accelerazione alla transizione green.

“Cominceremo con la cosa più ovvia: il risparmio energetico è il modo più rapido ed economico per affrontare il problema della crisi energetica attuale”, afferma la presidente della Commissione UE Ursula von der Leyen. La proposta della Commissione in materia di efficienza energetica con il pacchetto Fit for 55 era di aumentare del 9% il target attualmente in vigore, arrivando a ridurre i consumi finali del 36% al 2030 rispetto allo scenario tendenziale. Adesso con REPowerEU questo obiettivo di rafforzamento viene alzato fino al 13% e tra le misure proposte c’è quella di raddoppiare l’attuale tasso di crescita delle pompe di calore arrivando in cinque anni a 10 milioni di unità.

“Proseguiremo con una serie di azioni per aumentare e accelerare la transizione verso l’energia pulita”, continua la presidente dalla Commissione. Anche in questo caso il messaggio è chiaro: il pacchetto Fit for 55 prevede di alzare il target attuale al 2030 dal 35% al 40% di consumi di energia soddisfatti da rinnovabili: la nuova proposta della Commissione porta questo valore al 45%. Sulle rinnovabili ci sono diverse azioni puntuali molto interessanti: dalla forte accelerazione delle procedure autorizzative, incluse quelle per le infrastrutture di rete, all’obbligo di copertura fotovoltaica per i nuovi edifici pubblici e commerciali dal 2025 e per quelli residenziali dal 2029; dall’aumento della produzione di biometano fino ad arrivare sempre nel 2030 ad almeno 35 miliardi di metri cubi ai più sfidanti impegni sul fotovoltaico, con un target 2030 che cresce da 420 a 600 GW di capacità installata (con la previsione di arrivare già al 2025 a 320 GW più che raddoppiando l’attuale potenza in poco più di due anni).

Oltre a rinnovabili ed efficienza energetica, il terzo pilastro del piano è quello della diversificazione degli approvvigionamenti ma questa rimane in qualche modo una misura contingente, per affrontare le criticità in particolare a breve termine, e non rappresenta la spina dorsale dell’iniziativa.

Quello presentato oggi è un piano da circa 300 miliardi di euro di investimenti. Di questi, secondo le parole di Ursula von der Leyen, non più di 12 miliardi saranno destinati a nuove infrastrutture per il gas e il petrolio per l’aumento della produzione domestica e la diversificazione degli approvvigionamenti. La parte rimanente, ossia circa 290 miliardi, sarà tutta destinata ad accelerare la transizione verso l’energia pulita. In queste cifre c’è la chiave per leggere il senso della manovra europea: la spinta verso la transizione green è netta.

Il messaggio di fondo veicolato dal nuovo piano della Commissione europea dovrebbe far riflettere molti degli opinionisti che, in particolare nel dibattito italiano, hanno insistito sull’aumento della produzione nazionale di idrocarburi e sulla diversificazione degli approvvigionamenti di gas e petrolio. Varrebbe anche la pena riflettere sul fatto che l’incredibile impennata dei prezzi dell’energia non è stata provocata dal conflitto bellico in corso, ma ha le sue radici in meccanismi di mercato che nulla hanno a che vedere con la guerra e che in pochi mesi, nel corso del 2021, hanno moltiplicato per quattro i prezzi di gas ed elettricità, in particolare a causa degli aumenti del gas liquefatto trasportato via nave che adesso secondo alcuni dovrebbe essere la soluzione al caro bollette.

La verità è che i rischi di una economia fortemente basata sull’import di combustibili fossili sono ormai sotto gli occhi di tutti. Per mettersi al sicuro da questi rischi, oltre che da quelli connessi al cambiamento climatico, un Paese come il nostro non ha oggi altra strada se non quella di puntare su una crescita straordinaria di rinnovabili ed efficientamento energetico. E non perché che lo dice la Commissione europea, semplicemente perché è la scelta più sensata.

 

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