I sussidi fiscali e il cambiamento climatico

di Edo Ronchi

dal blog HuffingtonPost

Una proposta avanzata dal ministro dell’Ambiente Costa prevede che le spese fiscali dannose per l’ambiente, indicate nel Catalogo dei sussidi ambientalmente dannosi, istituito presso il Ministero, per un importo pari a 16,8 miliardi, siano ridotte almeno del 10% annuo a partire dal 2021 sino al loro progressivo annullamento entro il 2040.

Fermo restando l’importo minimo del 10%, la proposta demanda alla legge di bilancio annuale l’individuazione e l’eliminazione dei sussidi, attraverso le necessarie modifiche alla normativa che li prevede.

Gli importi generati da tali tagli di sussidi per la metà genererebbero risparmio di spesa e per l’altra metà alimenterebbero uno specifico fondo istituito presso il Ministero dell’economia destinato al finanziamento di interventi in materia ambientale: fondo che verrebbe ripartito annualmente con decreto del ministro dell’economia di concerto con il Ministero dell’ambiente, quello dello sviluppo economico e quello delle infrastrutture.

La proposta del ministro Costa – quale sia la sua collocazione, in un decreto o in un altro provvedimento – ha un indubbio valore: dopo tante discussioni sulla riallocazione dei sussidi ambientalmente dannosi, propone un’iniziativa concreta in materia.

Come ho già avuto modo di scrivere, ritengo che sarebbe meglio riallocare subito una parte dei proventi generati, quella non destinata a interventi ambientali, al taglio del cuneo fiscale.

Il taglio lineare del 10% è un minimo: nella proposta del ministro Costa dovrebbe essere la legge di bilancio annuale a individuare come intervenire sui sussidi. Sarebbe invece, a mio parere, preferibile individuare e indicare in maniera trasparente da subito sia i tagli, sia le riallocazioni dei proventi al contrasto della crisi climatica: un tema di assoluta priorità, per il quale anche l’Italia deve cambiare passo.

Tagliare incentivi vigenti non è facile, ma è meglio essere chiari e discutere pubblicamente le scelte che si propongono, indicando precisamente cosa si taglia e come si utilizzano i proventi di questi tagli.

Alcuni esempi aiutano a capire meglio questa proposta. La minore accisa sul gasolio, rispetto a quella sulla benzina, comporta un costo di 4,96 miliardi l’anno. Questo sussidio al gasolio deve essere tagliato gradualmente perché è ambientalmente dannoso, ma occorre stabilire subito dove vanno i soldi così risparmiati: a favore dell’occupazione, col taglio del cuneo fiscale, e del clima, incentivando modalità e mezzi di trasporto a basse emissioni, con attenzione ai redditi più bassi.

L’esenzione dall’accisa per i carburanti dei voli aerei costa 1,55 miliardi l’anno: in questo caso si potrebbe essere anche meno graduali e fare tagli più consistenti destinando almeno una parte dei proventi alla ricerca per aerei a basse o nulle emissioni di gas serra.

La riduzione dell’accisa sui prodotti energetici per lavori agricoli costa 830 milioni l’anno: potrebbe essere gradualmente ridotta impiegando i proventi a favore della produzione e uso di fonti rinnovabili di energia in attività agricole.

L’IVA agevolata al 10% per energia elettrica e gas ad uso domestico costa 1,78 miliardi: si potrebbero gradualmente tagliare utilizzando parte dei proventi per incentivare l’uso di fonti rinnovabili nelle famiglie a basso reddito.

Gli autotrasportatori ricevono all’anno 1,29 miliardi di rimborso di parte delle accise sul gasolio che consumano. Questo tema, particolarmente delicato, va affrontato con gradualità, puntando a finanziare misure che incoraggino l’uso combinato col trasporto ferroviario a lunga distanza di merci e un ricambio di camion a basse emissioni di gas serra.


Articolo originale pubblicato su Huffington Post Blog in data 20/09/2019
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