di Edo Ronchi
Il Decreto-legge 27 settembre 2021, n.130 con le “Misure urgenti per il contenimento degli effetti degli aumenti dei prezzi nel settore elettrico e del gas naturale”, oltre a introdurre misure necessarie per contenere gli effetti sociali dell’aumento del gas, taglia anche l’IVA – dal 10% / 22% attuale a seconda dei consumi – al 5% per il prossimo trimestre, per tutti gli utenti, a prescindere dal reddito e dalla quantità e tipologia di consumi.
La via della neutralità climatica, cardine della transizione ecologica, richiede un taglio consistente dell’uso dei combustibili fossili, gas compreso, entro il 2030, una graduale eliminazione degli incentivi a favore dei combustibili fossili – stimati in Italia in 15,8 miliardi di euro – e l’incremento di forme di carbon pricing per riconoscere il costo dei danni causati dalle emissioni di carbonio, accompagnate da misure di compensazione per i redditi più bassi.
Se in presenza di un aumento dei prezzi dei combustibili fossili – per quanto consistente – non ci si limita alle misure per ridurne gli impatti sociali sui settori a più basso reddito, ma si ricorre a riduzioni fiscali generalizzate, si contribuisce a rallentare la decarbonizzazione, proprio quando è necessario e urgente accelerarla.
Oltre alle misure – necessarie e giuste – per annullare gli effetti degli aumenti del prezzo del gas in bolletta per le famiglie a basso reddito che beneficiano del “bonus elettrico“ e del “bonus gas” che bisogno c’era di tagliare anche, in modo generalizzato, l’IVA sui consumi di gas? Caricando, da una parte, i costi di una misura che ha effetti negativi per il clima sulla fiscalità generale oltre che sui proventi dell’ETS (che, secondo le indicazioni europee, dovrebbe essere invece destinati solo a misure per il clima), mentre stiamo, dall’altra, in applicazione di una direttiva europea, aumentando a circa 60 euro il costo sostenuto per l’emissione di una tonnellata di CO2 dai grandi impianti industriali.
Così facendo, da una parte aumentiamo il costo delle sue emissioni e dall’altra operiamo, con la leva fiscale, per evitare che il suo alto prezzo possa contribuire a ridurre i consumi di gas, a rendere più conveniente il risparmio energetico e l’uso di fonti energetiche alternative e rinnovabili.
Si tratta comunque di una misura antirecessiva, di stimolo alla ripresa della produzione e dei consumi? Avevamo capito che i fondi europei di Next Generation EU puntassero su un Green Deal e non su una ripresa qualsiasi che aggravi la grande crisi climatica ed ecologica, ma che, al contrario, dovessero promuovere una transizione ecologica per uno sviluppo più resiliente. E che anche la leva fiscale dovesse essere utilizzata per favorire il rilancio e la ripresa, in coerenza con gli obiettivi climatici ed ecologici.
Non è difficile immaginare come potremmo usare, maggiormente, anche la leva fiscale per favorire l’economia circolare, il risparmio energetico e lo sviluppo delle rinnovabili, con effetti antirecessivi, stimolando produzioni e consumi più sostenibili, invece di continuare ad incentivare i fossili. Nel 2021 le emissioni di gas serra anche in Italia hanno ripreso ad aumentare in modo consistente: è il caso di prestare maggiore attenzione.