La nuova raccolta differenziata dal 2015. I nuovi obblighi.

di Stefano Leoni

Non sembra che finora sia stata data la dovuta attenzione alle novità derivanti dall’entrata in vigore dell’obbligo di raccolta differenziata a partire dal 2015.

La direttiva 2008/98/Ce che all’art. 11 dispone che fatto salvo l’articolo 10, paragrafo 2, entro il 2015 la raccolta differenziata sarà istituita almeno per i seguenti rifiuti: carta, metalli, plastica e vetro.

Tale norma è stata trasposta nel nostro ordinamento dal decreto legislativo n. 205/2010– riscrivendo l’art. 181, del d.lgsn. 152/06 -, che stabilisce: le autorità competenti realizzano, altresì, entro il 2015 la raccolta differenziata almeno per la carta, metalli, plastica e vetro, e ove possibile, per il legno.

Tre sono le novità più importanti:occorre raccogliere separatamente specifici flussi di materiali presenti nei rifiuti;non si fa riferimento solo ai rifiuti urbani;vengono imposte specifiche modalità di raccolta. La raccolta di specifici flussi.

Finora il legislatore italiano aveva imposto solo obiettivi minimi di raccolta differenziatae aveva modulato incentivi e disincentivi per stimolare i comuni a ottenere tali traguardi.Sulla base di tali previsioni i comuni hanno dunque – anche se a detta dell’ISPRA circa il 17% non ha fatto nulla – organizzato la raccolta in funzione del raggiungimento di tali obiettivi e dei costi connessi.

Nel definire il proprio modello di raccolta ha inevitabilmente influito la stima dei costi e quindi delle possibili entrate derivanti dalla cessione del materiale raccolto.L’accordo Anci-Conai ha costituito un sicuro punto di riferimento.Aassicurare un prezzo di acquisto stabile per 5 anni sulla base della purezza del materiale raccolto ha indirizzato in molti casi i comuni a raccogliere soprattutto rifiuti da imballaggi non avendo molta cura di raccogliere anche rifiuti della stessa frazione merceologica, ma non derivanti da imballaggi.

A riprova di ciò basti osservare che in molte città è tuttora vigente il divieto di conferire rifiuti di plastica non da imballaggi nei contenitori dedicati alla raccolta differenziata.

Dal 2015, invece, questo limite non potrà più essere imposto. La direttiva, infatti, è molto chiara in proposito: non fa riferimento ai prodotti di origine di tali rifiuti, ma solo alla classificazione merceologica del rifiuto. Quindi, dal prossimo anno i comuni non potranno impedire ad un cittadino di gettare qualsiasi rifiuto di plastica nel contenitore della differenziata.

Non solo rifiuti urbani o assimilati.

E’ interessante osservare come rispetto alla raccolta differenziata di rifiuti di carta, metalli, plastica e vetro né nella direttiva, né nel decreto legislativo si faccia riferimento ai rifiuti domestici o assimilati. Sicché il precetto è da intendersi anche ai rifiuti speciali.

Inoltre, il legislatore italiano nel raccomandare l’avvio della raccolta differenziata di tali frazioni non individui enti particolari (come ad esempio i comuni o gli ATO), bensì si rivolga alle amministrazioni competenti. La genericità nell’individuazione della competenze fa si che essa si debba estendere, dunque, anche ad amministrazioni che non disciplinano solo la gestione dei rifiuti urbani.

Ma se questi ultimi sono di fatto una privativa pubblica, sicché esiste una più diretta operatività gestionale, come agire per gli altri rifiuti?

Innanzitutto, ci sono anche amministrazioni pubbliche che producono loro rifiuti non sempre classificabili come domestici o assimilati, come ad esempio strutture militari, ospedaliere, di ricerca, ministeri, autorità portuali, gli stessi ministeri, gli enti regionali, etc…

Ma la norma può essere intesa anche in riferimento alle competenze autorizzatorie in capo ai singoli enti. In altri termini, in sede di rilascio di permessi ad esercire attività imprenditoriali le autorità competenti dovrebbero essere tenute a prescrivere che il soggetto autorizzato provveda a raccogliere separatamente i rifiuti di carta, metallo, plastica, vetro e, ove, possibile di legno.

Ovviamente, la raccolta di questi flussi non dovrà essere necessariamente garantita dai comuni. Anche se, è auspicabile che, in carenza di operatori privati, i soggetti affidatari del servizio di igiene urbana siano in grado fornire un servizio di raccolta in ausilio di tali enti.

Raccolta differenziata?

Solo se monomateriale.

La direttiva comunitaria e il legislatore italiano definiscono la raccolta differenziata come quella raccolta in cui un flusso di rifiuti è tenuto separato in base al tipo e alla natura dei rifiuti al fine di facilitarne il trattamento specifico. Questa ha modificato la precedente formula secondo cui per raccolta differenziata si intendeva la raccolta idonea, secondo criteri di economicità, efficacia, trasparenza ed efficienza, a raggruppare i rifiuti urbani in frazioni merceologiche omogenee, al momento della raccolta o, per la frazione organica umida, anche al momento del trattamento, nonché a raggruppare i rifiuti di imballaggio separatamente dagli altri rifiuti urbani, a condizione che tutti i rifiuti sopra indicati siano effettivamente destinati al recupero.

E’ quindi evidente che l’esplicito riferimento al singolo flusso di rifiuti. E la stretta funzionalità al trattamento specifico del medesimo flusso operato dalla nuova definizione, a stretto tenore,esclude che si possa far rientrate nella raccolta differenziata anche quella definita multimateriale.

Conclusioni.

Quello che si prospetta per il 2015 per la raccolta differenziata costituisce, dunque, un rilevante cambiamento. Questo genera una serie di nuovi obblighi in capo alle amministrazioni locali, che dovranno essere ben ponderati in sede di organizzazione del servizio. Anche al fine di non incorrere nelle maglie delle recenti iniziative assunte anche dalle magistrature contabili sul tema della non corretta raccolta differenziata.

Infatti, potrà accadere che un cittadino possa presentare esposti nel caso non sia data piena libertà di conferimento di rifiuti di carta, metallo, plastica e vetro in maniera differenziata e con raccolte monomateriali.

Potranno, inoltre, essere oggetto di impugnazione quelle autorizzazioni all’esercizio di attività di impresa che non prescrivano anche l’effettuazione della raccolta differenziata, come ad esempio nei settore edile. A cui si aggiunge il rischio dell’apertura di eventuali procedimenti di infrazione da parte dell’UE per violazione della direttiva comunitaria.

Insomma, ciò che finora è apparsa come una previsione sottostimata potrebbe invero ingenerare un grosso incremento del contenzioso.

Cosa fare?

I comuniriorganizzare il servizio di raccolta e rivedere la tassa/tariffa. Le regioni rivedere i piani regionali stimando un incremento delle attività a valle della raccolta differenziata. Le amministrazioni in generale redigere linee guida per la raccolta differenziata dei rifiuti da loro medesime – magari istituendo al loro interno anche la figura del waste manager – prodotti e circolari che indirizzino gli uffici competenti al rilascio di autorizzazioni all’esercizio di attività di impresa su come definire le prescrizioni circa la raccolta differenziata dei rifiuti derivanti dall’attività di impresa. Infine, per i gestori e riciclatori si aggiunge l’opportunità di rivedere i propri piani di impresa alla luce di un potenziale incremento del mercato del riciclaggio.

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