Lo stato dell’ambiente in Italia: ancora critica la situazione delle acque interne

È stata presentata pochi giorni fa la seconda edizione del Rapporto Ambiente SNPA, realizzato dal nuovo Sistema Nazionale per la Protezione dell’Ambiente, operativo dal 14 gennaio 2017. Il Rapporto ha l’obiettivo di costruire ogni anno un quadro informativo aggiornato e sintetico delle condizioni ambientali del Paese, a beneficio dei decisori politici e istituzionali ma anche di una vasta platea di tecnici e semplici cittadini. Lo fa mettendo a confronto le performance registrate nelle diverse regioni, attraverso l’elaborazione di 16 indicatori che descrivono le principali componenti ambientali.

L’analisi realizzata restituisce una situazione articolata. Si riscontrano alcuni miglioramenti confortanti, frutto di politiche e iniziative virtuose nazionali e regionali, alcune anche di lungo periodo. Ma permangono ugualmente diversi ambiti in cui i risultati raggiunti sono ancora insoddisfacenti e talvolta lontani da obiettivi normativi e riconosciuti standard di sostenibilità.
Questo alternarsi di luci e ombre caratterizza particolarmente lo stato del Capitale Naturale. In Italia sono state istituite 871 Aree Protette che custodiscono una superficie terrestre di oltre 3 milioni di ettari, pari al 10,5% del territorio nazionale, a fronte di una media europea di circa il 15%. Le Aree Marine Protette sono 27 e poco più di 2.850.000 gli ettari di mare tutelati, con uno sviluppo di circa 658 chilometri di costa. La Rete Natura 2000 si compone di 2.613 siti, per una estensione complessiva di 6.414.546 ettari, di cui 5.826.775 a terra, pari al 19,3% del territorio nazionale, un valore superiore alla media europea che è di circa il 18%.
Di contro, però, continua a crescere il consumo di suolo, sebbene con una velocità sensibilmente inferiore a quella che ha contraddistinto i primi anni 2000. Tra il 2016 e il 2017 sono stati artificializzati circa 5.200 ettari di territorio, poco più di 14 ogni giorno.
Lo stato di qualità delle acque superficiali rimane invece decisamente critico: siamo ben lontani dal raggiungimento degli obiettivi identificati dalla Direttiva Quadro sulle Acque (2000/60/CE), a quasi 20 anni dall’emanazione di questa norma.
Gli ultimi dati disponibili (2016) relativi all’indice di Stato Ecologico evidenziano che solo il 43% dei fiumi raggiunge l’obiettivo di qualità (38% buono e 5% elevato) mentre il 41% rimane ancora al di sotto e il 16% non è stato classificato.

Peggiore la condizione dei laghi: soltanto il 20 % ha uno Stato Ecologico in linea con i limiti normativi (3 % elevato e 17 % buono) mentre il 39 % è ancora distante dall’obiettivo di qualità. Per il 41 % di questi corpi idrici mancano i dati necessari a una adeguata classificazione.

Questa situazione preoccupa anche l’Europa. Nel Quinto Report della Commissione Europea al Parlamento europeo e al Consiglio concernente l’attuazione della Direttiva Quadro sulle Acque (2000/60/CE) e della Direttiva sulle Alluvioni (2007/60/CE), che analizza i contenuti del Secondo ciclo di Piani di Gestione dei bacini idrografici e del primo ciclo dei Piani di Gestione del Rischio di Alluvioni, si evidenziano le numerose inadempienze da parte degli Stati Membri e lo stato di qualità ancora fortemente insoddisfacente dei corpi idrici superficiali. Per l’Italia vengono sottolineate alcune priorità, tra cui la necessità di rafforzare la misurazione del consumo per tutte le estrazioni – rivedendo il sistema e l’entità delle concessioni – e l’urgenza di risolvere la problematica del corretto trattamento delle acque reflue urbane, che contribuisce al mancato raggiungimento degli obiettivi di qualità della Direttiva Quadro sulle Acque.

Per il mancato adempimento delle prescrizioni della Direttiva 91/271/CEE inerente il trattamento dei reflui urbani, l’Italia è stata appena deferita dalla Commissione Europea alla Corte di Giustizia della UE, oltre ad aver già subito due condanne in passato.

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