Per una bioeconomia circolare sostenibile

di Edo Ronchi

dal blog HuffingtonPost

Una popolazione mondiale di 7,6 miliardi che potrebbe ulteriormente crescere fino almeno a 9 miliardi, che punta a un benessere più esteso ed inclusivo, in un Pianeta con risorse naturali limitate, se continua a basarsi su un modello ad elevato prelievo e consumo di risorse naturali, non potrà che aggravare la crisi ecologica ed essere colpita dalla scarsità di risorse.

Le risorse naturali prelevate e utilizzate a fini economici sono di tre tipi: i vari minerali, i combustibili fossili e i materiali biologici, di origine vegetale e animale. Il cambio di modello economico – per passare da un modello lineare ad alto consumo di risorse naturali ad uno circolare che minimizza il prelievo di risorse naturali – ha caratteristiche differenti per i tre tipi di risorse naturali.

Per alcuni materiali biologici – come il legno o le fibre vegetali – la circolarità può consistere nel riciclo e nel riutilizzo; per altri – come i rifiuti organici – può consistere nella produzione sia di energia rinnovabile, da biogas e biometano, sia di compost che restituisce sostanza organica ai terreni; per altri ancora – come diversi rifiuti, sottoprodotti e prodotti di origine vegetale e animale – può consistere nella fornitura di materiali rinnovabili all’industria delle costruzioni, dei mobili, chimica e di altri settori, nonché per la produzione di energia rinnovabile.

Questi diversi utilizzi dei biomateriali alimentano quella che viene chiamata”bioeconomia” che comprende attività economiche in crescita, in grado di generare importanti benefici ambientali e occupazionali.

“L’economia circolare e la bioeconomia partner in sostenibilità” titola un proprio recente rapporto l’Agenzia europea dell’ambiente (reperibile sul sito del Circular economy network) che propone un approfondimento dei collegamenti tra l’ Action Plan sull’economia circolare del 2015, il Pacchetto sull’economia circolare del 2018 e la Strategia sulla bioeconomia del 2012.

Si tratta di una partita fondamentale perché le grandezze in gioco sono importanti. La bioeconomia nel 2014 rappresentava il 9% del totale dell’economia europea e oltre il 25% dei flussi di materiali impiegati: per il 63% provenienti dall’agricoltura, per il 36% dalla silvicoltura e solo l’1% dalla pesca. In questi materiali i rifiuti hanno un grosso peso: tra 118 e 138 milioni di tonnellate di rifiuti biodegradabili sono generati ogni anno in Europa, di questi circa 100 milioni di tonnellate sono rifiuti alimentari, dei quali solo il 25% viene riciclato.

Le sinergie fra economia circolare e bioeconomia sono numerose, ma non tutte sono adeguatamente valorizzate. Per sopperire a questa carenza – sollecita il Rapporto dell’Agenzia europea – servono analisi e studi, programmi e politiche mirate e integrate. Per esempio la strategia che punta sulla bioeconomia deve prestare maggiore attenzione alla progettazione per la riparazione, per il riutilizzo e il riciclo, alla prevenzione dello spreco e a forme innovative di consumo (condivisione, uso del servizio fornito dal bene).

L’economia circolare presta grande attenzione alla gestione dei rifiuti e, in particolare, alla cosiddetta “gerarchia dei rifiuti”, ma non ne dedica altrettanta alla qualità dei materiali impiegati e alle migliori possibilità di riciclo . Senza trascurare che tutte e due – economia circolare e bioeconomia- in quanto attività di una green economy, devono prestare attenzione complessiva e integrata alla sostenibilità ambientale: il prelievo di materiali biologici – in aumento anche per sostituire quelli non rinnovabili, perché sono biodegradabili e in genere più ecologici e perché sono fonti rinnovabili di energia – non deve andare a discapito della tutela della biodiversità e non deve cambiare la funzione primaria dell’agricoltura che deve restare quella di produrre cibo.

Lo sviluppo della bioeconomia può invece promuovere migliori gestioni forestali sostenibili, un rafforzamento e una miglior tutela del capitale naturale, sostegno ad un’agricoltura multifunzionale di qualità e integrazioni significative del reddito per gli agricoltori, insieme ad una più innovativa e più efficace gestione dei rifiuti e degli scarti organici.


Articolo originale pubblicato su Huffington Post Blog in data 07/09/2018

 

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