di Edo Ronchi
Il 5° Rapporto del Panel Intergovernativo sul Cambiamento Climatico (IPCC) delle Nazioni Unite che descriveva scenari molto gravi per il riscaldamento globale in atto e per la sua evoluzione che poteva assumere dimensioni catastrofiche, fu pubblicato nel 2014, alla vigilia dell’Accordo di Parigi.
Il prossimo Rapporto è atteso per febbraio del 2022. La sua bozza però è già stata definita ed è in consultazione. L’Agenzia France-Presse né è venuta in possesso mercoledì 23 giugno e ne ha diffuso i contenuti. Non è improbabile che questa diffusione anticipata sia stata fatta in vista della prossima Conferenza internazionale sul cambiamento climatico (COP 26) che si terrà a Glasgow dal 31 ottobre al 12 novembre, dalla quale si attende un cambio di passo.
Il nuovo Rapporto dell’IPCC documenta un preoccupante grave peggioramento della crisi climatica: i suoi impatti stanno accelerando e, se continua il trend attuale, avremo effetti molto gravi ben prima del 2050. Il precedente Rapporto indicava come aumento medio globale delle temperature, rispetto all’era preindustriale, la soglia dei 2°C da non raggiungere per avere una buona probabilità di avere danni gestibili anche se rilevanti. Il nuovo Rapporto rileva invece che un aumento di 1,5°C potrebbe già portare, “gradualmente, a conseguenze gravi, per secoli, e talvolta irreversibili” e che “anche a 1,5°C, le condizioni di vita cambieranno oltre la capacità di alcuni organismi di adattarsi”.
Anche limitando l’aumento a 2°C, fino a 80 milioni di persone in più soffriranno la fame entro il 2050, 130 milioni potrebbero cadere in povertà estrema e centinaia di milioni di persone, nelle città costiere, sarebbero minacciate da un aumento delle inondazioni causato dall’innalzamento del livello del mare. Oltre i 2 °C i costi di adattamento per l’Africa aumenterebbero di decine di miliardi di dollari all’anno e alcune regioni, come il Brasile orientale, il Sud-est asiatico e la Cina centrale e quasi tutte le zone costiere, potrebbero essere colpite da catastrofi simultanee: ondate di calore, siccità, cicloni, incendi, inondazioni e diffusione di malattie.
Se non cambia il trend in atto con rapide e consistenti riduzioni delle emissioni di gas serra, la vita sulla Terra come la conosciamo sarà profondamente cambiata dalla crisi climatica quando i bambini nati nel 2021 avranno 30 anni, o anche prima, avverte il nuovo Rapporto del Panel intergovernativo di esperti sul cambiamento climatico delle Nazioni Unite. “Abbiamo bisogno di una trasformazione radicale dei processi e dei comportamenti a tutti i livelli: individui, comunità, imprese, istituzioni e governi”, sostiene il Rapporto. “Dobbiamo ridefinire il nostro modo di vivere e consumare.”
Ma lo stiamo facendo? Non mi pare proprio. Per affrontare una sfida epocale come questa non basta parlarne ogni tanto e prendere qualche sporadico provvedimento: è necessario accelerare la transizione alla neutralità climatica, facendone la reale priorità delle politiche e delle misure per il rilancio post-pandemia.