La biodiversità marina è minacciata in tutti i mari europei, a rischio soprattutto il Mediterraneo, hot spot di biodiversità, assediato dalle specie aliene, da una pesca solo per il 14,3% sostenibile e dal crollo del 90% delle specie autoctone di molluschi.
Il Rapporto sulla biodiversità marina realizzato dall’Agenzia Europea per l’Ambiente (AEA) lancia però un segnale di speranza: l’Europa con il quadro delineato dal Green Deal e con la strategia sulla biodiversità ha riconosciuto l’urgenza di azione, per arrestare la perdita di biodiversità ed invertire il trend entro il 2030.
I mari europei coprono oltre 11 milioni di km2 e ospitano una vasta e diversificata gamma di ecosistemi costieri e marini con una grande varietà di habitat e specie. Il Mar Mediterraneo, è uno scrigno mondiale di biodiversità. I suoi ecosistemi altamente diversi ospitano fino a circa il 18% della biodiversità macroscopica marina del mondo, oltre 17.000 specie.
Entrando nel dettaglio, osserva l’AEA, le condizioni delle popolazioni di pesci e molluschi sfruttati commercialmente presentan0 un quadro contrastante. Nel 2017, le condizioni degli stock ittici nell’Oceano Atlantico nord-orientale e nelle popolazioni del Mar Baltico hanno iniziato a migliorare. Un totale dell’82,3% e del 62,5% degli stock di questi mari, rispettivamente, sembrano essere pescati in modo sostenibile. Tuttavia, le condizioni di alcuni singoli stock, come il merluzzo bianco, non miglioran0. Critiche le condizioni degli stock ittici del Mar Mediterraneo e del Mar Nero: solo il 6,1% e il 14,3% di questi stock, rispettivamente, sono stati pescati in modo sostenibile.
Per quanto riguarda i mammiferi marini, le popolazioni europee di orche mostrano gli effetti negativi dei policlorobifenili (PCB) per la loro riproduzione. Mentre alcune popolazioni di foche sono in recupero. Le tendenze medie della popolazione europea di uccelli marini -180 specie- sono stabili o in declino.
Gli habitat dei fondali marini sono sotto pressione significativa in tutti i mari europei, con un’alta percentuale di habitat protetti in stato di conservazione “sfavorevole” e/o “sconosciuto“. L’86% dei fondali marini osservati nel Grande Mare del Nord e nel Mar Celtico sono sotto pressione per strumenti di pesca che toccano il fondo.
Tutti questi dati sono nulla, dice l’AEA, in confronto alla catastrofica estinzione delle specie marine nel Mar Mediterraneo orientale nell’ultimo decennio. Le specie autoctone di molluschi (cozze, lumache, polpi, ecc.) sono crollate di quasi il 90%, lasciandosi alle spalle una sterile terra desolata sensibile alle incursioni di specie non indigene dal Canale di Suez.
Alcuni segnali, seppur sporadici, positivi si osservano: una regolamentazione per ridurre la mortalità per pesca ha evitato il collasso del tonno rosso; la nucella lapillus, un mollusco originario della costa norvegese, si sta riprendendo in risposta al divieto della tributiltina (TBT); il divieto dei PCB e del DDT ha portato al recupero dell’aquila dalla coda bianca in alcune parti del Mar Baltico.