di Edo Ronchi
Negli ultimi 50 anni la produzione mondiale di plastiche è triplicata. Ogni anno gli europei generano 25 milioni di tonnellate di rifiuti di plastica che vengono avviati al riciclo solo per il 30%, mentre per il 39% vengono inceneriti e per il 31% smaltiti in discarica. Le plastiche riciclate coprono in Europa solo il 6% della domanda di plastica e si stima che le plastiche rappresentino circa l’85% dei rifiuti che si trovano a galleggiare nei mari.
Visti questi numeri pare evidente che serva una nuova e più efficace strategia europea per affrontare i problemi del riciclo dei rifiuti di plastica. Non ci sono particolari difficoltà tecniche nel riciclo di rifiuti di plastica costituiti da polietilene a bassa o alta densità, da polipoprilene e da PET, ma i prodotti derivati da questo riciclo devono essere competitivi con quelli realizzati con l’impiego di materie plastiche vergini.
Se il prezzo del petrolio e dell’energia cala, la produzione di plastiche vergini costa meno e la vendita delle plastiche riciclate diventa più difficile e a prezzi poco remunerativi. In quel caso, se la raccolta differenziata e il riciclo dei rifiuti plastici non sono ben regolati e non sono fatti in modo efficiente, possono diventare costosi e per chi tratta questi rifiuti può essere più conveniente il loro incenerimento e/o il loro smaltimento in discarica.
Altri rifiuti plastici, in quantità crescenti nei rifiuti d’imballaggio, sono costituiti da plastiche miste, materiali poliaccoppiati, ossia imballaggi realizzati da più polimeri con diverse funzioni e prestazioni, più difficili e costosi da riciclare o addirittura incompatibili tra loro in fase di riciclo: queste plastiche miste finiscono per la gran parte all’incenerimento.
Per migliorare il riciclo delle plastiche si dovranno quindi sviluppare imballaggi sostitutivi e più riciclabili di quelli realizzati con materiali poliaccoppiati e/o trovare e utilizzare tecnologie che migliorino le possibilità del loro riciclo.
Vi sono infine i rifiuti derivati da plastiche biodegradabili e compostabili il cui riciclo non comporta particolari difficoltà: basta che sia raccolte separatamente dalle altre plastiche non biodegradabili e riciclate insieme all’organico e, se finiscono in acqua, si degradano rapidamente senza fare danni.
La recente vicenda dei sacchetti biodegradabili utilizzati per pesare e acquistare frutta e verdura, evidenzia quanto sia comunque importante una corretta informazione: pochi centesimi di euro pagati per sacchetto sono stati utilizzati per una campagna di stampa nella quale è stato ignorato il valore ecologico della misura e l’impresa italiana, la Novamont, leader mondiale nella produzione delle plastiche biodegradabili, è stata scioccamente accusata di ricevere favori anziché lodata per consentire al Paese di praticare una scelta ecologica con tecnologia, materia prima rinnovabile e produzione nazionali invece che con importazioni.
La nuova strategia europea indica che saranno definite nuove regole sull’imballaggio per migliorarne la riciclabilità e aumentare la domanda di plastica riciclata, per promuovere impianti di riciclaggio più efficienti, insieme a sistemi standardizzati per aumentare l’efficienza della raccolta differenziata e della selezione dei rifiuti, nonché per rafforzare il sostegno all’innovazione e per finanziare lo sviluppo di materie plastiche più riciclabili e per rendere più efficienti i processi di riciclaggio.
Nell’anno in corso la Commissione prevede, inoltre, di mettere in campo diverse azioni per aumentare il contenuto di plastica riciclata nei nuovi prodotti e cita l’Italia come esempio virtuoso per l’inserimento di materiale riciclato tra i criteri degli acquisti pubblici verdi (GPP).
Articolo originale pubblicato su Huffington Post Blog in data 19/01/2018



