
Incentivi, esenzioni, agevolazioni, sussidi: ogni anno lo Stato spende parecchi miliardi; ma le misure erogate rispettano sempre l’ambiente? Paradossalmente no. Nel 2016 ben 16,2 miliardi sono stati impegnati per i SAD, sussidi dannosi per l’ambiente, mentre 15,7 miliardi sono stati utilizzati per i SAF, i sussidi ambientalmente favorevoli. L’ Ufficio Valutazione Impatto (UVI) del Senato della Repubblica ha pubblicato una sintesi ragionata del primo (e ancora parziale) Catalogo dei sussidi ambientali realizzato dal Ministero dell’ambiente, che esamina i dati maggiormente significativi. Il Catalogo è riuscito ad esaminare 131 schemi di sussidio potenzialmente rilevanti sotto il profilo ambientale, per un valore finanziario complessivo, nel 2016, di circa 41 miliardi di euro: il 2,5% del PIL. Di questi, 57 sono dannosi per l’ambiente, per una spesa finanziaria complessiva di 16,2 miliardi di euro; 46 sono forme di sussidio favorevole all’ambiente, per un valore di 15,7 miliardi; 27 sussidi sono “incerti”, per un valore complessivo di 5,8 miliardi; 1 sola misura è “neutrale”, per un importo di 3,5 miliardi. I sussidi esaminati dal primo Catalogo sono stati suddivisi in 5 categorie: energia, trasporti, agricoltura, beni che godono di IVA agevolata e una categoria residuale denominata “altro”.
Oltre il 97% dei sussidi dannosi per l’ambiente individuati nel Catalogo è costituito da sconti fiscali(detrazioni, iva agevolata, esenzioni, crediti d’imposta ecc), mentre appena il 3% è dato da trasferimenti diretti. Il sussidio più oneroso è il differenziale di accisa tra benzina e gasolio (molto più bassa per il gasolio), che nel trasporto auto passeggeri incide per circa 5 miliardi di mancato gettito (circa 6 miliardi includendo anche l’IVA). Il settore dell’ energia assorbe il 57,6% dei sussidi, 23, 69 mld e di questi 11,55 mld sono dannosi per l’ ambiente e 12,14 mld sono favorevoli.
Il Catalogo è da considerarsi come un rapporto periodico in continuo aggiornamento. Intere aree di spesa (leggi di spesa comunitarie, nazionali e regionali) devono, infatti, ancora essere analizzate, per poter identificare, valutare e quantificare i relativi sussidi sotto il profilo ambientale. In particolare non sono ancora stati esaminati: i sussidi diretti di competenza di Ministeri diversi dall’ambiente (sviluppo economico, infrastrutture e trasporti, turismo) inclusi quelli erogati attraverso le Regioni; i fondi strutturali utilizzati nei programmi operativi nazionali (PON) e regionali (POR); i sussidi impliciti (ad esempio le agevolazioni sul pagamento delle royalties).
Il documento dell’ UVI osserva come il ricorso alle agevolazioni fiscali sembra rendere più facile varare provvedimenti in contrasto con l’ambiente, mentre il ricorso ai trasferimenti diretti favorirebbe un loro indirizzamento in coerenza con gli obiettivi ambientali. Come invertire questo trend? Secondo il documento, il Governo può considerare diverse opzioni di intervento, che vanno dall’ipotesi di rimuovere progressivamente il sussidio dannoso, puntando a recuperare il gettito per altri utilizzi (anche all’interno del settore interessato, per minimizzare eventuali impatti sulla competitività internazionale), all’ipotesi di una riforma del sussidio, confermandone l’esborso finanziario ma introducendo condizioni ambientali per la sua erogazione.
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