Una Sentenza europea sull’End of waste superata dalla nuova Direttiva

Una recente sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione europea, rispondendo ad un quesito posto da una Corte estone in merito all’interpretazione dell’art. 6 della direttiva 98/2008 sui rifiuti, è stata da taluni interpretata in modo estensivo come esclusione della facoltà degli Stati di regolare la cessazione della qualifica di rifiuto (End of Waste) caso per caso, in assenza di una norma comunitaria o nazionale che detti specifici criteri.

Tralasciando, la trattazione di argomenti che confutano questa interpretazione degli effetti estensivi di questa sentenza, è sufficiente osservare che la Corte europea ha deciso sulla base del vecchio articolo 6, della direttiva del 2008, non avendo potuto ancora tener conto della sua nuova formulazione derivante dalla direttiva 2018/851/UE.

Il testo del nuovo articolo, infatti -spiega Stefano Leoni, ella Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile – da un lato ribadisce al paragrafo 1 le condizioni da rispettare, dall’altro al paragrafo 2 introduce criteri che dovranno essere rispettati sia dall’Unione europea che dagli Stati membri in sede di riconoscimento EoW e, infine, ridefinisce al comma 4 la facoltà di procedere ad un riconoscimento caso per caso”.

Vale la pena riportare il testo del comma 4: “Laddove non siano stati stabiliti criteri a livello di Unione o a livello nazionale ai sensi, rispettivamente, del paragrafo 2 o del paragrafo 3, gli Stati membri possono decidere caso per caso o adottare misure appropriate al fine di verificare che determinati rifiuti abbiano cessato di essere tali in base alle condizioni di cui al paragrafo 1, rispecchiando, ove necessario, i requisiti di cui al paragrafo 2, lettere da a) a e), e tenendo conto dei valori limite per le sostanze inquinanti e di tutti i possibili effetti negativi sull’ambiente e sulla salute umana. Tali decisioni adottate caso per caso non devono essere notificate alla Commissione.

Il tenore della disposizione è difficilmente equivocabile. Il caso per caso può essere esercitato a condizione che si rispettino le condizioni del paragrafo 1 e i criteri del paragrafo 2. Quindi, il nuovo articolo 6 ha già indicato i criteri da rispettare e non occorre, tranne quando ritenuto opportuno l’UE o dalla Stato nazionale, attendere l’emanazione di criteri dettagliati. Pertanto, nel rispetto di queste indicazioni gli Stati membri hanno piena libertà di distribuire le specifiche competenze secondo il modello che reputano più efficiente.

E’ opportuno, in proposito, ricordare un passaggio della sentenza del Corte europea quando ricorda che la disciplina adottata dagli Stati membri non deve costituire “ostacolo alla realizzazione degli obiettivi della direttiva 2008/98/UE, come l’incentivazione ad applicare la gerarchia dei rifiuti prevista dall’art. 4 o, come risulta dai considerando 8 e 29 della medesima, al recupero dei rifiuti e all’utilizzazione dei materiali di recupero per preservare le risorse naturali e consentire l’attuazione di un’economia circolare.

Ricordando che l’ordinamento italiano attribuisce alle Regioni la competenza di autorizzare il trattamento dei rifiuti e che il caso per caso può essere esercitato solo dall’autorità dotata di questa competenza -conclude Leoni-  non si può che giungere alla conclusione che il recepimento del nuovo articolo 6, riportando correttamente il testo della direttiva del 2018, riconosca anche alle Regioni la competenza a rilasciare l’autorizzazione EoW caso per caso ,applicando condizioni e criteri europei, in assenza di provvedimenti nazionali o europei”.

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