di Edo Ronchi
Come mai l’Italia è l’unico grande Paese europeo ancora senza una legge per il clima? La Spagna, la Francia, la Germania e, ormai fuori dalla Ue ma pur sempre in Europa, il Regno Unito, dispongono di una legge per il clima. La necessità di un quadro legislativo nazionale per l’impegnativa transizione alla neutralità climatica, in particolare dopo l’approvazione della Legge Europea sul clima, è ormai evidente.
Non sarebbe certo il modo migliore di presentarsi alla COP 26 di Glasgow del prossimo novembre – essendo, fra l’altro, un Paese co-organizzatore insieme al Regno Unito – quello di arrivarci senza aver approvato una legge nazionale per il clima che definisca, in modo vincolante, l’obiettivo della neutralità climatica entro il 2050, indichi la traiettoria per arrivarci, compreso l’obiettivo al 2030 e, soprattutto, gli indirizzi, i criteri, gli strumenti e le principali misure che adottiamo.
La legge nazionale per il clima è necessaria per fornire un quadro di riferimento alle misure e ai progetti finanziati con le risorse del Piano nazionale per la ripresa e la resilienza. In teoria abbiamo acquisito il fatto che la transizione alla neutralità climatica sia un pilastro fondamentale del nostro PNRR al punto che almeno il 37% delle sue risorse dovrebbero essere dedicate a tale obiettivo strategico. Anche perché senza tale formale acquisizione, il nostro PNRR non sarebbe stato approvato.
Ma siamo sicuri un rispetto formale dei criteri europei sia sufficiente per la reale efficacia climatica di questo Piano? Riconosciuto che il percorso definito dal vigente PNIEC (piano nazionale per l’energia e il clima) è ormai superato dai nuovi target europei, se non definiamo un nuovo percorso, in quale quadro inseriamo le misure climatiche previste da PNRR? Come facciamo a valutare il livello di efficacia di tali misure? Non possiamo valutare a che punto arriviamo con le misure climatiche del PNRR e quali altre misure integrative sono necessarie, se non sappiamo dove dobbiamo arrivare al 2030. Aspettiamo il pacchetto europeo “Fit for 55”? La sua completa approvazione richiederà molti mesi, forse anni.
Se tutti gli altri principali Paesi europei hanno fatto una legge per il clima ci sarà un motivo? Ipotizzare di affrontare un cambiamento di questa portata con decisioni prese solo a livello di governo, con strumenti della sola programmazione ordinaria, coinvolgendo il Parlamento solo con qualche parere, a me pare il prodotto inappropriato di una sottovalutazione politica.
Il quadro di riferimento della transizione alla neutralità climatica richiede scelte impegnative per il Paese e il suo futuro: l’Italia deve fare responsabilmente la sua parte in questa sfida globale. Quali sono i target climatici che l’Italia assume? Come ripartisce il carico di riduzione delle emissioni fra i vari settori? Quali scelte energetiche di fondo compie per la decarbonizzazione? Quali strumenti economici e fiscali utilizza e in che modo? Quale impegno finanziario assume per la ricerca e l’innovazione per la transizione climatica?
Queste ed altre scelte di fondo dovrebbero essere decise dal Parlamento con legge. Senza trascurare la governance di questo cambiamento. Gli altri grandi Paesi europei hanno creato degli organismi tecnici indipendenti, non legati alle maggioranze mutevoli di governo, con compiti soprattutto di monitoraggio delle misure e della loro efficacia.
Dobbiamo risolvere poi almeno altri due problemi che non sono limitati ai progetti del PNRR, ma che ci saranno anche oltre e dopo: il coordinamento delle misure che coinvolgono diverse competenze e la rapidità delle procedure per attuare le misure. Senza trascurare la necessità di coinvolgere, in modo attivo, sia le Regioni, sia le città, con adeguati strumenti di finanziamento, di supporto tecnico, di ripartizione degli obiettivi e di controllo e verifica dei risultati.