L’Unione europea riprende a lavorare sulle politiche di sviluppo dell’economia circolare.

La pressione operata sui singoli governi da parte di diversi stakeholder ha fatto correggere alla Commissione Juncker il programma di lavoro per il 2015 sull'economia circolare

Nelle ultime comunicazioni giunte da parte della stessa Commissione europea e del Ministro dell’ambiente della Lettonia — paese che presiede questo semestre — emerge chiaramente un’inversione di rotta e si parla apertamente di portare avanti le politiche di sviluppo dell’economia circolare sulla base del pacchetto presentato nel luglio scorso. Riassumiamo i fatti. Il 2 luglio 2014 la Commissione europea ha presentato una serie di comunicazioni | eur-lex.europa.eu | eur-lex.europa.eu/resource | eur-lex.europa.eu/legal-content/IT  |, che si propongono di innalzare i livelli di riciclaggio dei rifiuti urbani — portandoli al 70% entro il 2030 -, di ridurre entro il 2025 il conferimento in discarica fino ad un massimo del 5% dei rifiuti urbani prodotti, di innalzare i livelli di riciclaggio dei rifiuti di imballaggio portandoli all’80% entro il 2030. Nella UE queste politiche avrebbero comportato risparmi pari a 600 miliardi di euro, ridotto le emissioni di gas serra dal 2 al 4% e creato circa 600.000 nuovi posti di lavoro. Tra tutti i paesi membri l’Italia risulta quello che in assoluto beneficerebbe maggiormente dall’adozione di tali misure. Vedrebbe incrementata l’occupazione stabile di ulteriori 30.000 unità rispetto all’aumento atteso dal raggiungimento degli obiettivi oggi in vigore. Ma sarebbe anche premiata da un risparmio annuo, in termini macroeconomici, di circa 4 miliardi di euro e da minori costi ambientali per altri 3 miliardi. Insomma una grande opportunità per tutti e per uscire dalle crisi ambientali, economiche e sociali che stiamo attraversando.

Pertanto, rimanemmo tutti molto stupiti, quando il presidente della Commissione europea Jean Claude Juncker annunciò nel suo programma di lavoro la cancellazione di quelle proposte, in quanto a suo parere non era “prevedibile un accordo” tra le parti.

Ci fu una diffusa e immediata reazione.

Anche la Fondazione partecipò sottoscrivendo appelli e inviando lettere al Governo italiano, al Parlamento europeo e al Presidente Juncker. Fu confortante il fatto che si mossero molti altri soggetti, anche in altri stati. Tutto ciò ha portato risultati. Il Consiglio dei Ministri dell’ambiente a dicembre ha assunto una forte presa di posizione a favore delle proposte presentate in luglio e ha affermato la propria volontà di proseguire il proprio lavoro sulla base di queste. La Commissione europea ha aggiornato il suo programma di lavoro e ha affermato che la sua intenzione è quella di procedere al ritiro e sostituzione, entro la fine del 2015, con una proposta nuova e più ambiziosa volta a promuovere l’economia circolare. La Commissione ambiente del Parlamento europeo ha avviato sui documenti del luglio scorso una serie di audizioni e, infine, il Ministro dell’ambiente della Lettonia ha affermato che intende sostenere politiche di promozione dell’economia circolare (www.polcms.europarl.europa.eu).

Si è perso un po’ di tempo. E’ ora di recuperarlo in fretta.

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