Acqua: 4 proposte per prevenire le emergenze e per una qualità “doc”

Perdite di rete in media superiori al 35%, rete fognaria che ancora non serve il 15% degli italiani, depuratori malgestiti, inadeguati o addirittura inesistenti per un italiano su tre, acqua che esce a singhiozzo dai rubinetti, soprattutto a sud, circa il 35% dei corpi idrici di superficie che non raggiunge gli standard di qualità ambientale. 

Proprio per individuare gli obiettivi concreti per tracciare la rotta corretta per proteggere questa risorsa, l’Assemblea Nazionale Acque, che si è svolta in preparazione degli Stati Generali della Green Economy 2013, ha lanciato quattro proposte che partono da questo quadro generale: in Italia sono disponibili 52 miliardi di m3 di acqua (circa l’80% effettivamente utilizzata) e di questa il 50% è utilizzata in agricoltura, il 15-20% per uso domestico, il 30-35% per uso energetico/industriale.

L’Italia – ha dichiarato Erasmo D’Angelis, Sottosegretario alle Infrastrutture e Trasporti – è un Paese che convive con un grave deficit infrastrutturale nel settore degli acquedotti e della depurazione. In un terzo del nostro Paese mancano fognature e depurazione e in particolare al Sud l’acqua arriva anche a turni dopo giorni, condizioni inaccettabili da Paese in via di sviluppo.

L’inquinamento del 40% di fiumi e laghi produce emergenze e presto produrrà anche sanzioni europee che saranno un vero salasso per lo Stato e le Regioni, pari a 700 milioni l’anno e al taglio di alcuni fondi Ue fino a che non si arriverà alla conquista della depurazione. Il Governo sta affrontando seriamente il problema e presto ci incontreremo con Regioni e aziende per far ripartire gli interventi infrastrutturali urgenti e per rendere universale il servizio in tutta l’Italia, rottamare o riparare 170.000 km di reti e posarne almeno altre 50.000. Servono tre mosse per il settore. Stabilizzare la tariffa idrica, per questo abbiamo chiesto all’Autorità nazionale dell’Energia Elettrica e Gas, che dal dicembre 2011 controlla e regola il settore, oltre ad aggiungere la parola “acqua” nel logo anche di elaborare una tariffa definitiva sostenibile per gli investimenti necessari e che tuteli gli utenti deboli. Facilitare l’accesso al credito per poter realizzare gli investimenti necessari. Tornare ad avere una quota di risorse pubbliche sul settore e utilizzare strumenti innovativi come gli Hydrobond. Ciò sarebbe ossigeno anche per l’occupazione e per aprire velocemente 480 cantieri per 4.8 miliardi di euro già finanziati a livello locale dalle principali aziende idriche”.

L’acqua, “linfa vitale della green economy”, non è un prodotto commerciale ma un patrimonio che va protetto e difeso. Nonostante negli ultimi 37 anni si siano susseguiti cinque provvedimenti legislativi di ampio respiro (Merli, Galli, difesa suolo, ecc), cinque direttive comunitarie e un referendum abrogativo, è necessario pervenire a un piano nazionale di tutela e gestione della Risorsa Idrica, tutelare il diritto individuale al ‘bene pubblico acqua’ e proseguire il lavoro sul passaggio alle Regioni del demanio idrico. Bisogna poi migliorare le prestazioni ambientali e rilanciare tutto il settore produttivo, un’opportunità straordinaria per lo sviluppo della green economy.

“A sette anni dal recepimento in Italia della Direttiva europea sulle Acque e a due anni dai risultati del referendum promosso dal ‘Forum italiano dei movimenti per l’acqua – ha detto Edo Ronchi, Presidente della Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile – è necessario introdurre profonde innovazioni normative, amministrative, tecniche e produttive nel sistema di tutela e gestione delle risorse idriche. Ciò rappresenta una straordinaria opportunità per lo sviluppo della green economy nel nostro Paese. L’annuncio del Ministro dell’Ambiente, on. Andrea Orlando, di voler predisporre un Piano nazionale per questo settore va nella giusta direzione”.

Le quattro proposte per avviare una strategia nazionale per la gestione della risorsa acqua:

1. Dare piena attuazione alle direttive europee aggiornando, integrando, adeguando le norme nazionali. In attesa della riforma complessiva del settore, prioritaria è l’effettiva operatività dei distretti idrografici con la ridefinizione dei loro confini e la revisione dei piani di gestione il cui coordinamento, per l’aggiornamento, deve essere affidato alle Autorità di bacino nazionali.

2. Reperire le risorse necessarie che sono state stimate per le infrastrutture acquedottistiche, fognarie e depurative in 66 miliardi di euro in 30 anni con un effetto occupazionale stimabile tra 150.000 e 200.000 addetti, attraverso in primo luogo la qualificazione dell’ uso dei Fondi strutturali 2014-2020. È stato stimato (Autorità dei Contratti Pubblici) che con un miliardo di euro è possibile coinvolgere da 10.000 a 15.000 lavoratori in attività di medio-lungo termine. In particolare per rendere più efficiente sotto il profilo ambientale la spesa pubblica è necessario introdurre meccanismi premiali per l’assegnazione delle risorse, come:

• soluzioni impiantistiche flessibili per forti fluttuazioni di carico come negli agglomerati turistici;

• utilizzo elevato delle acque reflue depurate associata a tecnologie che riducono l’acqua per irrigare;

• soluzioni impiantistiche a basso impatto ambientale;

• recupero dell’energia termica dall’acqua depurata;

• miglioramento dell’uso dell’acqua in agricoltura con l’incentivazione di pratiche di irrigazione più efficienti, il riutilizzo delle acque, la costruzione di piccoli invasi e la prevenzione degli sprechi.

3. Migliorare le prestazioni ambientali del settore valorizzando il risparmio idrico con l’introduzione dei “certificati blu”, riconoscendo gli incentivi a chi riutilizza le acque reflue depurate, soprattutto in agricoltura, riducendo le dotazioni idriche portandole a 200 litri per abitante al giorno (ora sono in media superiori del 20-40%) e le perdite idriche che non dovrebbero superare il 20%. Bisogna favorire anche in Italia la penetrazione di tecnologie per la gestione sostenibile delle acque nel settore domestico introducendo un sistema di incentivi che coniughi sistema tariffario (disincentivi a consumi superiori a 100l/ab/giorno) e fiscalità e adeguando la normativa edilizia in modo da favorire tecniche di risparmio (uso delle acque piovane o riciclate per usi non potabili, tetti verdi, ecc). Oggi solo 530 Comuni su 8.092 hanno regolamenti edilizi con prescrizioni che riguardano la gestione dell’acqua.

4. Coinvolgere i cittadini attraverso percorsi di comunicazione e formazione. Una strategia di informazione potrà aumentare l’attenzione e la consapevolezza sui temi dell’acqua e grandi campagne di comunicazione potranno sensibilizzare i cittadini. L’innovazione tecnica e la gestione sostenibile delle acque deve entrare anche a far parte dei programmi di istruzione superiore e universitari del settore.

In Italia – ha concluso Gianni Squitieri, coordinatore del gruppo di lavoro sull’acqua – le risorse idriche sono complessivamente sufficienti, il problema è la loro gestione e il loro corretto uso. Questo gruppo di lavoro, ha cercato, con le sue proposte, di avviare un percorso virtuoso che non renda l’Italia fanalino di coda in Europa in materia di gestione, consumi e sprechi della risorsa acqua. Occorre superare la forte frammentazione degli enti coinvolti, evitare politiche e iniziative legislative non coordinate, prevedere incentivi economici e finanziari a oggi inesistenti, sviluppare una maggiore accettazione sociale, per ora limitata, dell’utilizzo di acqua riciclata”.

Il gruppo di lavoro acqua, insieme a quello Regioni-Enti locali, è uno dei due nuovi gruppi di lavoro istituiti quest’anno dal Consiglio Nazionale della Green Economy formato da 64 organizzazioni di imprese, coordinato dalla Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile.

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