Cop24, gli Stati Uniti alimentano il disimpegno di altri paesi sul clima

di Edo Ronchi

dal blog HuffingtonPost

Lo scopo principale del negoziato in corso in Polonia in questa 24^ Conferenza internazionale per il clima, che durerà dal 3 al 14 dicembre, è quello di approvare le regole (Paris rulebook) per rendere effettivo l’Accordo di Parigi del 2015.

Tale Accordo si basa sugli impegni nazionali di riduzione delle emissioni di gas serra dichiarati dai vari Paesi aderenti, con due problemi principali: molti aspetti di tali impegni non sono vincolanti per i Paesi che hanno sottoscritto l’Accordo e non sono previste modalità per imporne il rispetto; fra la somma delle riduzioni delle emissioni risultante dagli impegni presi dai vari Paesi e quelle necessarie per contenere l’aumento di temperatura stabilito dall’Accordo, c’è uno scarto molto ampio.

Il problema delle regole necessarie per verificare l’effettiva realizzazione degli impegni presi e per adeguare gli impegni dei Paesi per raggiungere l’obiettivo concordato, non è quindi affatto secondario, in particolare in vista della prima verifica dell’attuazione dell’Accordo di Parigi prevista per il 2020.

Il contesto politico internazionale di tale Conferenza non è certo dei più favorevoli. Il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, ha confermato al recente G20 l’intenzione di non voler applicare l’Accordo di Parigi. Poiché l’articolo 28 dell’Accordo stabilisce che nessun Paese lo possa abbandonare prima di tre anni dalla sua entrata in vigore -il 2016- Trump continua ad inviare la propria delegazione, ma solo in attesa di uscire anche formalmente.

Questa opposizione degli Stati Uniti è un elemento rilevante di freno delle politiche climatiche globali, con effetti più ampi di quelli diretti in quel Paese. Il neo presidente del Brasile, Jair Bolsonaro, per esempio, pochi giorni fa ha annunciato la propria volontà di rinunciare ad organizzare la Cop 25, prevista dall’11 al 22 novembre 2019 proprio nel suo Paese, esplicitando così il suo allineamento con Trump anche sul clima.

La posizione degli Stati Uniti sta alimentando una copertura politica per un disimpegno che potrebbe estendersi a diversi Paesi. L’Agenzia Internazionale per l’Energia il 4 dicembre ha ufficialmente comunicato che nel 2018, per la prima volta dopo 5 anni di riduzioni, le emissioni di CO2 generate dagli usi energetici in un gruppo di Paesi avanzati (Stati Uniti, Unione Europea, Giappone e altri) sono aumentate dello 0,5%, segnando un’inversione preoccupante del trend di costante riduzione degli scorsi anni.

A livello globale, inoltre, nel 2018 è cresciuto il consumo di petrolio e ancora di più quello del gas, in particolare in Cina, e quindi le emissioni globali di CO2 sono aumentate dell’1,6%. Per essere allineate con la traiettoria dell’Accordo di Parigi – dice l’Agenzia Internazionale per l’Energia – le emissioni mondiali dovrebbero invece diminuire almeno dell’1% ogni anno fino al 2025.


Articolo originale pubblicato su Huffington Post Blog in data 07/12/2018
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