Il Sud alla riscossa: Calabria, Campania e Lazio guidano la corsa verso le emissioni zero

 

di Andrea Barbabella, Italy for Climate

da HuffPost

Sono tre le Regioni a guidare la corsa verso la neutralità climatica in Italia: Calabria, Campania e Lazio. Lo avreste mai detto? Come se non bastasse, Regioni che nell’immaginario comune dovrebbero essere più green, come la Toscana, l’Umbria o l’Emilia Romagna, si ritrovano nel gruppo di coda. Questo è il quadro, spiazzante per alcuni, che emerge dalla seconda edizione del ranking delle Regioni sul climarealizzato da Italy for Climate in collaborazione con Ispra. Come si è arrivati a questi risultati? Si è preso come riferimento il framework delle politiche climatiche ed energetiche e i tre obiettivi strategici su cui si misurano i progressi dei Governi in Europa: consumi di energia, fonti rinnovabili ed emissioni di gas serra. Sono stati misurati, attingendo alle statistiche ufficiali prodotte da Ispra, Gse, Istat e Terna, sia in termini di risultati raggiunti (lo stato attuale) sia in termini di progressi registrati negli ultimi anni (il trend).

Poche emissioni di CO2

L’inaspettato terzetto di testa guida la classifica perché tutte le tre Regioni presentano consumi ed emissioni pro capite e percentuali di rinnovabili, sia al 2020 che in termini di variazione negli ultimi anni, decisamente migliori rispetto ad altre Regioni più blasonate. La Calabria ha raggiunto emissioni annue di CO2 poco superiori a 2 tonnellate ad abitante, il valore più basso in Italia e già oggi inferiore a quello che dovrebbe essere il valore medio nazionale al 2030 in uno scenario di decarbonizzazione spinta. Allo stesso modo la Calabria ha raggiunto ben il 43% di consumi coperti da fonti rinnovabili, anche in questo caso anticipando l’obiettivo indicato dall’Europa a fine decennio. Mentre il Lazio ha fatto registrare il più alto taglio delle emissioni (-13,6% all’anno come media 2018-2020): anche al netto del Covid, più che compatibile con la traiettoria verso le emissioni nette zero entro metà del secolo. Dalla parte opposta della classifica, l’Emilia Romagna, ad esempio, presenta consumi ed emissioni più alti della media nazionale (si sono ridotti meno negli ultimi anni) e una quota di rinnovabili inferiore alla media nazionale (con tassi di crescita più bassi). Lo stesso vale per la Toscana, che ha solo emissioni pro capite nel 2020 leggermente migliori della media (4,7 tonnellate /anno contro 4,9). E per l’Umbria: l’unico dato positivo è la quota di rinnovabili poco sopra la media nazionale (24% contro il 19% dell’Italia, ma in diminuzione negli ultimi anni).

Lombardia nel gruppo di coda

Fa notizia anche la Lombardia nel gruppo di coda: da un lato presenta consumi ed emissioni più alti della media (forse anche meno di quanto ci si potrebbe aspettare) ma in riduzione negli ultimi anni, dall’altro un quadro molto negativo per le rinnovabili (appena il 15% dei consumi soddisfatti da queste fonti e in diminuzione negli anni). Alcuni potrebbero obiettare che l’utilizzo del pro capite per consumi ed emissioni sfavorisca le Regioni più produttive anche se sono virtuose. Ma è davvero così? Uno dei focus contenuti nel report riguarda “le locomotive d’Italia”, ossia le quattro Regioni che da sole fanno circa la metà del Pil nazionale: Lombardia, Lazio, Veneto, Emilia Romagna. In questo gruppo la fotografia è più articolata di quella che una metodologia poco equilibrata che sfavorisce i territori ad alto reddito dovrebbe restituire. È vero che Lombardia ed Emilia Romagna si trovano in coda, ma il Veneto, terza Regione in Italia per Pil, è nel gruppo di centro, quindi complessivamente vicino alla media nazionale, con un quadro emissivo positivo sia per stato che per trend e rinnovabili in crescita. Ma soprattutto il Lazio, seconda Regione più ricca d’Italia, come abbiamo visto è nel gruppo che guida la classifica. Ma la cosa che più colpisce è che ad accomunare le Regioni-locomotiva non sono tanto emissioni e consumi pro capite, su cui un Pil molto alto potrebbe avere effetti negativi, quanto le performance particolarmente negative nel campo delle rinnovabili. Tutte e quattro le Regioni più ricche d’Italia presentano, infatti, percentuali di fonti rinnovabili inferiori alla media nazionale, ma anche di altre Regioni che non hanno particolare vocazione in questo senso. E, con la sola eccezione del Veneto, nel biennio analizzato 2018-2020 invece di farle crescere le hanno ridotte.

Il ruolo delle Regioni

Obiettivo di questo ranking non è tanto quello dare pagelle, quanto piuttosto stimolare un dibattito costruttivo nel Paese sul ruolo che le Regioni possono e devono avere nel processo di decarbonizzazione nazionale, visto che hanno leve importanti ad esempio sulle politiche insediative, sui trasporti e anche sull’energia. E forse si potrebbe partire proprio dal mettere in discussione l’idea che, se un territorio è più ricco di un altro, allora è anche autorizzato ad emettere e inquinare di più. Nel quadro che si è andato delineando negli ultimi anni con la diffusione del paradigma della green economy, rafforzato peraltro dai drammatici eventi di questi ultimi mesi e dalla crisi dell’energia, questo schema dovrebbe essere ribaltato. Dovrebbero essere proprio i territori più produttivi e capaci di investimento, infatti, a viaggiare più velocemente sulla via della decarbonizzazione, raccogliendo i vantaggi in primis economici della transizione, a cominciare proprio dalle fonti rinnovabili, su cui purtroppo molte Regioni in Italia fanno ancora troppo poco. Per invertire il trend tristemente negativo dell’Italia sulle emissioni di gas serra, che ci vede ancora molto lontani dalla traiettoria che porta alla neutralità climatica, potremmo partire proprio da qui: trasformare le Regioni-locomotiva dell’economia italiana in Regioni-locomotiva della transizione energetica.

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