La Francia in prima fila per fissare un carbon price floor

Come annunciato dal Ministro Royal, la Francia fisserà un “carbon price floor” a 30 euro nella prossima legge di stabilità 2017. Gli impegni presi alla COP21 di Parigi richiedono di mettere in campo strumenti concreti per attribuire il giusto prezzo al carbonio e orientare gli investimenti verso tecnologie low-carbon.

Con la “Legge per la transizione energetica e la crescita verde” adottata lo scorso anno, si prevede una carbon tax progressiva che arriverà a 56euro per tonnellata di CO2 nel 2020 e a 100 euro nel 2030.

L’attuale prezzo del carbonio nel sistema ETS è di appena 6 euro, crollato dell’80% rispetto ai valori raggiunti nel 2008 a causa di un eccesso di permessi di emissione, etale da rendere gli impianti a carbone molto più redditizi di impianti meno inquinanti. Per uscire da questo paradosso, la Francia sta cercando sostegno da parte di altri Paesi europei – quali Germania e Regno Unito – per creare un “carbon corridor” con un prezzo di partenza minimo.Se non troverà sponde per un’iniziativa di carbon pricing a livello europeo, procederà in maniera unilaterale a fissare una soglia minima per impedire che le distorsioni del mercato delle emissioni minaccino lo sviluppo di tecnologie low-carbon e per lanciare i giusti segnali di prezzo ai mercati per orientare le risorse verso investimenti in linea con le decisioni prese con la firma dell’Accordo di Parigi.

La reazione degli Stati Membri e dei gruppi parlamentari europei è, al momento, abbastanza fredda. La stessa Germania, pur mostrandosi favorevole a forme più efficaci di carbon pricing non è detto che scelga la strada di fissare un carbon floor. Alcuni, sostengono invece che fissando un carbon floor si corre il rischio di formalizzare tale prezzo e non consentire valori maggiori in futuro. Contro tale iniziativa e in difesa dell’attuale sistema ETS (che non fissa prezzi minimi o soglie) anche il Commissario per il clima e l’energia Miguel Arias Canete che punta invece sull’implementazione delle decisioni dello scorso anno di creare nel 2019 una “market stability reserve” per controllare in maniera automatica l’offerta dei permessi di emissione.

La Francia, oltre al dichiarato obiettivo di sviluppare le fonti rinnovabili, ha sicuramente anche interessi interni per introdurre una soglia minima al prezzo del carbonio (come la necessità di rendere competitivi rispetto al carbone i propri impianti a gas e le centrali nucleari) ma le va dato il merito di rilanciare il dibattito sul carbon pricing in Europa e sulla necessità non rinviabile di definire un quadro regolatorio efficace del mercato delle emissioni per lanciare i giusti segnali di policy e avviare una decisa transizione green per uscire dalla crisi climatica. Ci auguriamo che il prezzo base di 30 euro sia solo un buon inizio e che nei prossimi anni il prezzo del carbonio possa raggiungere soglie molto più alte e più coerenti con i rischi reali legati all’immissione in atmosfera di ulteriore CO2.

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