L’Europa ha scelto l’auto elettrica, opporsi vuol dire perdere mercato

di Edo Ronchi

da HuffPost

Anche se il Regolamento europeo deve ancora passare dalla formale approvazione del Consiglio, la decisione su una fine ormai non molto lontana della produzione delle auto alimentate con carburanti fossili, diesel e benzina, è stata presa da tempo. Con l’Accordo di Parigi nel 2015 la comunità internazionale ha deciso di far fronte all’aggravamento della crisi climatica puntando a mantenere l’aumento delle temperature ben al di sotto dei 2°C: obiettivo che comporta anche l’eliminazione delle consistenti emissioni di gas serra generate dai carburanti fossili delle auto.

Con la legge europea sul clima – il Regolamento n. 1.119 in vigore dal 2021 – stabilendo l’obbligo di raggiungere emissioni nette zero di gas serra entro il 2050, è stato fissato, di fatto, anche un termine per non vendere più auto, diesel o benzina, nuove. Se fossero vendute nuove auto di questo tipo dopo il 2035, infatti, circolando le nuove auto 15 anni, si renderebbe impossibile raggiungere l’obbiettivo delle emissioni nette zero al 2050. Tenendo anche ben presente che tutte le principali case automobilistiche – europee, americane, giapponesi e cinesi – continuano a sfornare nuovi modelli di auto ibride con alimentazione anche elettrica o solo elettriche.

I motori elettrici sono energeticamente più efficienti, hanno rendimenti elevati, intorno al 90%; quelli diesel e benzina sono ad alto spreco di energia, con rendimenti molto bassi, inferiori al 30%. Oltre ad emissioni zero di CO2, i mezzi elettrici non generano inquinamento dell’aria nelle città e sono anche meno rumorosi. La forte crescita in atto della produzione di elettricità da fonti rinnovabili – oltre che più pulita anche meno costosa rispetto a un pieno di benzina o gasolio – renderà sempre più conveniente l’uso dei mezzi ad alimentazione elettrica. L’amento della produzione e delle vendite delle auto elettriche porterà, in pochi anni, a un calo dei prezzi e alla diffusione di modelli meno costosi.

Non ci vuole molto a prevedere che il mercato internazionale ed europeo dell’auto nel 2035 sarà largamente dominato dai modelli a zero emissioni: i produttori che si saranno adeguati, che avranno guidato il cambiamento, avranno conquistato le quote maggiori di mercato e i Paesi che saranno stati capaci di sostenere questa svolta avranno più impianti, più produzioni e più occupazione. Avere chiara la meta della navigazione, sapere dove approderà l’industria dell’auto, non risolverà i problemi della transizione del settore, ma potrebbe aiutare ad evitare di parlare a vanvera.

Vista la direzione ormai presa a livello europeo, viste le scelte di mercato delle grandi imprese del settore, l’idea di poter fermare in Italia il cambiamento verso l’auto a emissioni zero, o semplicemente di rallentarlo, non porta da nessuna parte. Cavalca e alimenta un po’ di disinformazione e, se avesse seguito, produrrebbe solo un accumulo di ritardi nazionali, una perdita di competitività e anche di occupazione: non si potranno comunque difendere produzioni che non avranno più mercato e, disimpegnandosi dal cambiamento, si perdono occasioni di sviluppo dell’occupazione nelle nuove produzioni.

Non c’è tempo da perdere. Vista anche l’integrazione dell’industria italiana del settore con quella automobilistica tedesca, sarebbe bene prestare maggiore attenzione a come la Germania, leader internazionale nella produzione di auto, sta gestendo la svolta verso l’auto a emissioni zero: sostenendo il Regolamento europeo per il bando delle auto a combustibili fossili dal 2035, insieme a misure per cogliere questa sfida come opportunità. Come si può fare? Sostenendo lo sviluppo delle produzioni nazionali di batterie, di motori elettrici e di altri componenti, aumentando gli investimenti in ricerca e innovazione nel settore, progettando e preparando la riconversione di alcuni impianti e produzioni che usciranno dal mercato verso quelle di nuovo sviluppo e attivando, in tempo, una riqualificazione e una ricollocazione del personale.

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