L’Europarlamento approva i nuovi impegni europei sul clima: cosa deve fare ora l’Italia?

La nuova legge europea sul clima, approvata ieri sera dal Parlamento europeo in sessione plenaria, istituisce un Regolamento che stabilisce i nuovi obiettivi climatici di medio e lungo periodo dell’Unione europea e cristallizza e rende vincolante a livello UE l’obiettivo di neutralità climatica al 2050 dell’Unione.

Lo sottolinea Italy for Climate, l’iniziativa della Fondazione per lo sviluppo sostenibile sul clima, promossa da un gruppo di imprese e di associazioni di imprese particolarmente sensibili al tema del cambiamento climatico (Chiesi, Conou, Davines, Edison Rinnovabili, ERG, IEG Group, illy) che ricorda che il risultato più significativo e più dibattuto degli ultimi mesi riguarda soprattutto l’obiettivo di medio periodo sulle emissioni di gas serra. Da questo obiettivo discenderà, infatti, tutto il quadro di obiettivi e strategie in materia di energia e clima che guideranno le politiche europee di questo decennio. Il target, che si conferma di riduzione delle emissioni di gas serra del 55% entro il 2030 (rispetto ai livelli 1990) riguarda le emissioni nette – cioè al netto degli assorbimenti – e interne dell’UE. Ma questa ultima formulazione della legge europea stabilisce un limite esplicito al ricorso agli assorbimenti, che non potranno superare le 225 milioni di tonnellate di CO2 equivalente. Pertanto l’obiettivo di riduzione delle emissioni nette dovrà essere perseguito soprattutto grazie ad ingenti riduzioni di emissioni alla fonte, da parte di tutti i settori dell’economia, per i quali l’UE invita ad individuare delle strategie settoriali ad hoc affinché la transizione verso la neutralità climatica avvenga in modo efficiente, anche dal punto di vista dei costi, ed equo.

“Dobbiamo ora –dichiara Edo Ronchi, Presidente della Fondazione per lo Sviluppo sostenibile – aggiornare rapidamente il Piano italiano di politiche e misure per raggiungere i nuovi target europei e collegare, fattivamente, la loro attuazione all’utilizzo dei finanziamenti e delle riforme del Piano nazionale per la ripresa e la resilienza e così valutare fino a che punto possiamo arrivare con tali finanziamenti e tali riforme e cosa, probabilmente, dobbiamo fare di ulteriore”.

Ma cosa significa esattamente questo per l’Italia? Italy for Climate ha elaborato la prima roadmap per l’Italia compatibile con una riduzione delle emissioni di gas serra al 2030 del 55% rispetto al 1990, in linea con quella che dovrebbe essere la riduzione media europea. Significa arrivare, oramai in meno di un decennio, a 232 milioni di tonnellate di CO2eq (dalle circa 380 stimate nel 2020 e su cui ha pesantemente inciso la pandemia). Per raggiungere questo risultato bisognerà tagliare i consumi finali di energia ogni anno dell’1,5% e, cosa tutt’altro che facile, ridurre di almeno il 40% il consumo di petrolio e gas e quasi azzerare quello di carbone, raddoppiare le fonti rinnovabili elettriche, termiche e per i trasporti. Si tratta di un percorso incredibilmente sfidante e senza precedenti, per intraprendere il quale è necessario mettere in campo secondo I4C una serie di interventi “trasversali” strategici: dalla introduzione di sistemi di carbon pricing più efficaci alla transizione da un modello economico estrattivo e lineare a uno rigenerativo e circolare, da una radicale semplificazione e razionalizzazione delle procedure burocratiche e amministrative alla accelerazione nella ricerca e sviluppo e nella creazione di una nuova cultura della transizione.

Ma questi interventi da soli, seppure importanti, non sarebbero sufficienti. Servono delle strategie settoriali, che tengano conto delle peculiarità di ogni settore economico e siano in grado di proporre strumenti specifici realmente efficaci. Per questo I4C, in linea con le indicazioni europee ribadite dalla stessa legge sul clima, ha declinato la roadmap nazionale in specifiche roadmap settoriali definendo quindi obiettivi, target e proposte di intervento differenziate per industria, commercio, agricoltura, trasporti, edifici residenziali. Da qui al 2030 questo vuol dire, ad esempio, ridurre il numero di automobili in circolazione di quasi un milione di veicoli ogni anno; moltiplicare per quattro il tasso di riqualificazione degli edifici arrivando intervenire ogni anno su 50-60 milioni di metri quadrati di abitazioni residenziali, o ancora moltiplicare quasi per dieci la potenza installata ogni anno di rinnovabili elettriche e arrivare a fine del decennio a riciclare almeno il 60% dei rifiuti urbani.

Facebooktwitterlinkedinmail