Rinnovabili: bloccate da burocrazia, dal 2014 in Italia non crescono più. Gli obiettivi 2030 sono a rischio

È ormai dal 2014 che le fonti rinnovabili hanno rallentato bruscamente la loro corsa in Italia. E, nonostante gli ambiziosi obiettivi di transizione energetica che il Paese dovrà raggiungere in questo decennio, appare difficile che il trend possa invertirsi nel breve termine. Complessità burocratiche, iter autorizzativi di lunga durata ed anche la pandemia sono all’origine di questo rallentamento.

Il quadro che emerge, infatti, dagli ultimi bandi di incentivazione delle rinnovabili elettriche, che può dare una misura degli impianti che saranno messi a terra nei prossimi anni, appare preoccupante e se non si interviene rapidamente, gli obiettivi 2030 saranno inevitabilmente compromessi.

Nel luglio del 2019, il Ministero per lo sviluppo economico ha emanato il cd. DM FER, un decreto di incentivazione delle fonti rinnovabili elettriche più mature (eolico, fotovoltaico, idroelettrico e da gas di depurazione). Lo schema di incentivazione prevede il supporto economico per l’installazione di 8 GW di nuova potenza installata in due anni (da settembre 2019 a settembre 2021, mese di chiusura dell’ultimo bando), di cui oltre 6 GW dedicati ad eolico e fotovoltaico, ritenute le due fonti che più di tutte dovranno trainare la crescita del settore nei prossimi anni. Sebbene 4 GW di nuova potenza installata ogni anno siano ancora pochi rispetto agli oltre 7 GW che, secondo la Roadmap di Italy for Climate, dovremmo realizzare ogni anno per raggiungere gli obiettivi climatici dell’accordo di Parigi, le prospettive per il rilancio del settore apparivano comunque positive, alla luce della stagnazione registrata negli ultimi anni.

Purtroppo però i bandi non hanno dato gli esiti sperati e ad oggi solo il 29% della nuova potenza incentivabile è stata allocata. Nello specifico, nei cinque bandi finora conclusi (sui 7 totali previsti dal decreto), sono stati allocati solo 1,7 GW, di cui 600 MW nei registri (cioè per impianti inferiori ad 1 MW). È in particolare il trend delle aste, cioè con riferimento ai grandi impianti superiori a 1 MW, a destare preoccupazione: se nel primo bando il contingente disponibile era stato quasi saturato e gli impianti allocati (512 MW) hanno raggiunto il 92% della potenza disponibile, nei bandi successivi la quota ha continuato a ridursi drasticamente raggiungendo un picco del 5% nell’ultimo bando, il quinto, con soli 98 MW allocati.

I registri stanno invece segnalando, bando dopo bando, una modesta crescita, ma il loro peso sul totale della potenza incentivata resta limitato e dunque non in grado di invertire il trend complessivo della potenza allocata da questo decreto di incentivazione: se nel primo bando erano state allocati, fra aste e registri, circa 590 MW, nell’ultimo bando la potenza totale si è praticamente dimezzata (300 MW).

La crisi economica avviata dalla pandemia da Covid-19 ha certamente giocato un ruolo in questo brusco rallentamento, ma non è di natura economica il principale motivo di questa perdurante stagnazione della crescita delle rinnovabili nel settore elettrico. Sono infatti, secondo gli esperti e le associazioni di categoria, le complessità burocratiche e le durate eccessive degli iter autorizzativi a frenare, e in molti casi bloccare, i progetti di nuovi impianti da fonti rinnovabili. La molteplicità delle istituzioni coinvolte e la mancanza di un soggetto competente unico e centralizzato in grado di gestire interamente il procedimento genera un sistema farraginoso, complesso e stratificato, nel quale manca un adeguato coordinamento delle attività e un’unicità di indirizzo, generando anche numerosi contenziosi e dinieghi per la realizzazione degli impianti. In quest’ottica, alcune misure introdotte dal DL Semplificazioni (in vigore da luglio 2021) vanno nella giusta direzione, ma appaiono ancora insufficienti per invertire significativamente il trend.

Ed è proprio per affrontare il tema delle lungaggini burocratiche e dei rallentamenti autorizzativi che Elettricità Futura ha realizzato insieme ad Althesys lo studio “Il disegno del sistema autorizzativo per decarbonizzare e rilanciare gli investimenti” (la cui sintesi è consultabile a questo link). Oltre ad analizzare la configurazione attuale del sistema di permitting, evidenziandone le criticità e quantificandone i costi, lo studio avanza una serie di proposte di intervento articolate in tre categorie: le procedure autorizzative, la governance e le istituzioni, il rapporto col territorio.

Con riferimento alle procedure autorizzative, fra le proposte vi è la richiesta di rendere perentori tutti i termini già previsti, prevedendo l’esito positivo di tutti i procedimenti una volta decorsi i termini (silenzio-assenso); la digitalizzazione e tracciabilità di tutta le procedure; l’introduzione di un “fast track” autorizzativa per le opere riconosciute come strategiche in base agli obiettivi del Pniec e del Pnrr. Riguardo alla Governance e alle istituzioni, le proposte chiedono, fra le altre cose, una maggiore uniformità e coordinamento dell’iter autorizzativo e della pianificazione in tema di energia a livello regionale; a tal scopo, però, sarà necessario adeguare la formazione, l’aggiornamento e le risorse umane della PA a livello locale. Infine per l’aspetto di rapporto col territorio, fra le principali proposte di intervento vi è la predisposizione di un piano vincolante di “burden sharing” degli obiettivi nazionali sulle rinnovabili elettriche, in grado di responsabilizzare i territori anche grazie ad un sistema di premi-penalità in funzione dell’impegno e degli obiettivi raggiunti da ciascuna regione.

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