Lo sviluppo delle imprese della green economy per uscire dalla crisi italiana

di Alessandra Bailo Modesti

Per il terzo anno consecutivo, il 5-6 novembre a Rimini – promossi dal Consiglio nazionale della green economy in collaborazione con i Ministeri dell' Ambiente e dello Sviluppo economico – si sono tenuti gli Stati Generali della Green Economy con più di 2000 iscritti (di cui il 74% imprese e organizzazioni di imprese), 106 relatori, centinaia di giornalisti alla presenza del Ministro dell’Ambiente e del Ministro del Lavoro.

“Lo sviluppo delle imprese della green economy per uscire dalla crisi italiana” il tema scelto per la III edizione che è stato affrontato da vari punti di vista: le esperienze europee ed internazionali, l’approfondimento di 7 temi strategici per una green economy, la visione e le iniziative delle imprese italiane.

Fin dalla loro nascita gli Stati Generali hanno avuto l’obiettivo di chiamare a raccolta le forze della green economy italiana per costruire, attraverso l’originale metodo dell’elaborazione partecipata, un programma politico-strategico per imprimere all’economia italiana un nuovo corso, un green New Deal, come la più credibile e solida via d’uscita dalla crisi economica.

Le imprese della green economy hanno risposto e proseguono il proprio impegno con convinzione e determinazione. Come evidenziato dal Presidente Edo Ronchi nella sua relazione introduttiva, inItalia il 25% delle aziende, fino a 250 dipendenti, offre prodotti o servizi ecologici e un altro 7% intende offrirli nei prossimi due anni1.  Anche l’OCSE, nel Rapporto Green Growth Indicators 2014, rileva che gli effetti della crescita verde sono profondi seppur difficili da cogliere a livello statistico a causa del metodo che tende a misurare le attività verdi anziché le trasformazioni verdi dell’economia e dei cicli di produzione e consumo.

L’area delle imprese che si muovono verso una green economy sta rapidamente crescendo e risulta essere ormai sempre più riduttiva l’interpretazione che le vede come un settore dell’economia e le relega al campo esclusivo della produzione di beni e servizi ecologici. Come proposto dalla Fondazione per lo sviluppo sostenibile nel Rapporto Green Economy 2014 è necessario, per avere una visione corretta delle cose, allargare l’orizzonte green anche a quelle imprese che pur non producendo prodotti specificamente ambientali hanno adottato business modelche vanno nella direzione del miglioramento dell’efficienza – in termini di materiali, energia, trasporto, distribuzione – e della riduzione degli impatti ambientali dei propri prodotti e processi produttivi.

È stata presentata, quindi, agli Stati Generali 2014 la proposta di un nuovo approccio metodologico che si fonda sull’individuazione di due tipologie di impresa green:

• Imprese«core green»: che producono beni e serviziambientali che comprendono ormai una vasta gamma di attività: dal riciclo alle rinnovabili, dalla mobilità sostenibile all’agricoltura di qualità ecologica, dalla fornitura di servizie la realizzazione di prodotti specificamente ambientali, di beni modificati peresseregreeno“puliti”,fino alla vasta gamma di tecnologie ambientali;

• Imprese«go-green»: che adottano modelli green di business, con elevate prestazioni ambientali, pur non producendo beni e servizi ambientali.

Molti imprenditori, pur non appartenendo alla zona core della green economy, si percepiscono come imprenditori green e la propria strategia di impresa è costruita sulla base di una visione green. Essi hanno colto, inoltre, le proficue conseguenze economiche e occupazionali del miglioramento in chiave ambientale dei propri processi produttivi, dell’eco-innovazione, dell’integrazione di principi di sostenibilità nella gestione e nella rendicontazione delle proprie attività nonché nelle scelte strategiche di sviluppo dell’impresa.

Come testimoniato dall’ Indagine sugli orientamenti degli imprenditori della green economy2, il 94%degli imprenditori intervistati si è detto d’accordo con l’idea che “Un’impresa tradizionale può avviarsi verso una green economy se realizza un serio programma di interventi e di investimenti finalizzati araggiungere un’elevata qualità ecologica del processo produttivo, dei beni e dei servizi”.

L’Indagine ha dimostrato la pressoché totale convergenza degli imprenditori green verso una comune visione dell’economia. Non è stato chiesto loro, infatti, un consenso sulla green economy ma è stato chiesto di esprimere il proprio consenso su affermazioni sia green che di carattere economico e di politiche pubbliche di ordine generale. Ed è in questo che si riscontra l’interessante convergenza. Gli imprenditori della green economy hanno una visione generale dell’economia condivisa e stanno iniziando a fare squadra e a far sentire la loro voce.

Gli Stati Generali, in questi anni, hanno rappresentato anche e soprattutto un processo culturale, formativo ed informativo, che ha contribuito a sviluppare delle proposte concrete e partecipate per lo sviluppo di una green economy in Italia e a creare un orizzonte di valori condiviso da parte delle imprese coinvolte. Come è proprio di ogni movimento culturale anche la green economy ha cercato momenti di confronto e interlocuzione con i vari governi che si sono avvicendati dal 2012 ad oggi. L’avvio dell’interlocuzione è, tuttavia, solo la naturale conseguenza di quello che è un fatto: la rappresentatività e consistenza, la chiarezza di visione e prospettiva, nonché il crescente peso, del mondo della green economy e della convinzione (supportata dai fatti) che la green economy sia la via maestra per uscire dalla crisi italiana.

I documenti presentati agli Stati Generali sono costruiti nel corso dell’intero anno che precede l’appuntamento di Rimini attraverso il lavoro del Consiglio nazionale, dei Gruppi di lavoro, degli eventi pubblici di consultazione. Quest’anno anche a Rimini, attraverso le 7 sessioni tematiche di approfondimento e consultazione del pomeriggio del 5 novembre, si è svolto un processo di consultazione che ha coinvolto quasi 700 stakeholder. Dibattere, confrontarsi e pervenire ad una sintesi delle diverse posizioni è stato uno degli elementi fondativi del “metodo” degli Stati Generali e ne costituisce ad oggi il principale valore aggiunto. Questo metodo sta aiutando le imprese, in maniera trasversale rispetto ai singoli settori di appartenenza, a sviluppare una cultura di impresa comune e la consapevolezza della propria responsabilità sociale.

Gli Stati generali del 2014 chiedono cambiamenti per uscire dalla crisi realizzando la svolta della green economy. In che modo?

1. Ponendo – a livello politico e di governo nazionale, regionale e locale – lo sviluppo di una green economy fra le effettive priorità per uscire dalla crisi

2. Orientando verso lo sviluppo della green economy le misure di riforma fiscale, la revisione delle spese, la riallocazione degli incentivi e l’accesso al credito

3. Facendo scelte più precise, incisive e orientate alla green economy nell’utilizzo dei fondi europei

4. Con scelte normative che riducano gli appesantimenti burocratici e che rafforzino, e non indeboliscano, la qualità ambientale del nostro sviluppo

5. Puntando sul protagonismo e la capacità innovativa delle imprese della green economy italiana 3

Nel messaggio che ha voluto gentilmente rivolgere anche quest’anno agli Stati Generali, il Presidente della Repubblica afferma: “Non è più tempo di indugi. La crisi economica e occupazionale impone delle scelte e chiede una decisa discontinuità culturale”. La green economy rappresenta tale discontinuità.

 

  • 1 Flash Eurobarometer381, SMEs, resource efficiency and green markets, dicembre 2013
  • 2Indagine condotta dalla Fondazione per lo sviluppo sostenibile in collaborazione con il Consiglio Nazionale della Green Economy tra aprile e maggio 2014 su un campione di 437 rispondenti tra imprenditori e manager di impresa green.
  • 3 Relazione introduttiva di Edo Ronchi, Presidente della Fondazione per lo sviluppo sostenibile, agli Stati Generali della Green Economy 2014, |link|

 

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