Il modello “green city” è necessario per avere una buona qualità dell’aria in città

di Edo Ronchi

dal blog HuffingtonPost

Nonostante i miglioramenti tecnologici abbiano consentito riduzioni della emissione di alcuni inquinanti, il cambiamento climatico in atto sta contribuendo in modo rilevante anche a rendere rischiosa per la salute la qualità dell’aria in numerose nostre città: le piogge sono meno frequenti e i periodi di siccità più prolungati, registriamo anche una maggiore frequenza e durata dei fenomeni di aria stagnante, più frequenti e intense sono anche le ondate di calore e le registrazioni di livelli di ozono più elevate.

L’insieme di questi fenomeni alimenta l’inquinamento atmosferico locale e, soprattutto, contribuisce all’accumulo e al mantenimento di inquinanti nell’aria provenienti da diverse fonti (traffico, riscaldamenti, attività industriali e agricole), in particolare di particolato e il biossido di azoto che fanno registrare frequenti superamenti dei limiti europei in numerose città.

Se applicassimo le indicazioni, più cautelative per la nostra salute, dell’Organizzazione mondiale della sanità, dovremmo abbassare i limiti europei per alcuni inquinanti dell’aria e registrare che, anche nelle città che non superano i limiti europei, la qualità dell’aria non è buona.

Che fare quindi? Misure singole rischiano di non essere efficaci. Per assicurare una buona qualità dell’aria servono misure integrate e permanenti: misure non simboliche – che servono soprattutto per far vedere che gli amministratori stanno facendo qualcosa – ma impegnative e strutturali.

Il sistema più efficace per programmare e realizzare tali misure è quello di inserirle in un quadro strategico coerente: quello del modello di “green city”. La green city è un modello di città – sperimentato e affermato a livello europeo e internazionale – che punta sulla elevata qualità ambientale in tutti i suoi principali aspetti, decisivi anche per la qualità dell’aria, non come obiettivi isolati e circoscritti, ma come parti di un ampio disegno di rigenerazione e riqualificazione urbana, con attenzione anche alle implicazioni economiche, occupazionali e sociali.

La green city punta a eliminare l’inquinamento e la congestione del traffico, cambiando la mobilità urbana con vaste aree ciclo-pedonali e riservate ai mezzi pubblici, con un deciso rafforzamento del trasporto pubblico locale e del suo utilizzo, così come della sharing mobility, con la circolazione di mezzi solo ecologici (elettrici, ibridi e a gas), fino ad arrivare gradualmente al divieto di circolazione per quelli diesel e a benzina.

Gli edifici sono oggetto di interventi di riqualificazione energetica e gli impianti di riscaldamento sono ad alta efficienza, consumano poco e sono alimentati da fonti rinnovabili e pulite. Gli impianti produttivi, le attività agricole e gli allevamenti sono a basse e/o nulle emissioni.

In città si estendono, anche recuperando e kiwi online casino bonificando aree inquinate e dismesse, le infrastrutture verdi (spazi verdi, alberature, tetti verdi, pareti verdi) che assorbono anche inquinanti e contribuiscono a ripulire l’aria. Intorno alle città si fermano il consumo di suolo e la cementificazione e si costituiscono vere e proprie cinture verdi periurbane.

Buone idee, ma difficili da realizzare? E se, invece, girando un po’ e guardando un po’ più a fondo in diversi Paesi europei e anche in alcune città italiane, verificassimo che il modello “green city” si sta già attuando e con risultati importanti?

Intanto c’è per esempio, da 11 anni, un premio promosso dalla Commissione europea (European green capital award) per le green city europee: nessuna città italiana, purtroppo, non solo non ha vinto, ma non è ancora entrata fra le finaliste. Attenzione poi a non lasciare i sindaci da soli: perseguire il modello “green city” richiede robuste politiche e misure green anche regionali e nazionali.


Articolo originale pubblicato su Huffington Post Blog in data 09/02/2018

 

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