Parametri green ancora poco presenti negli MBO di amministratori e dirigenti delle quotate italiane

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Al 2018 risultano essere solo 33 le società quotate in Borsa, sul mercato telematico italiano, che collegano le remunerazioni variabili di breve e lungo periodo degli amministratori delegati a parametri di sostenibilità ambientale, sociale e di governance (ESG).

Il dato è fotografato nel Rapporto annuale sulla corporate governance delle società 2019, documento pubblicato annualmente dalla Consob, dove per la prima volta è stato dedicato un approfondimento alla relazione tra sostenibilità e politiche retributive di amministratori delegati e dirigenti con responsabilità strategiche nelle società italiane quotate.

Sulle remunerazioni degli amministratori delegati, Consob rileva che in 32 casi, dei 33 individuati, il collegamento a parametri di sostenibilità riguarda le remunerazioni di breve termine e la componente retributiva dipendente dalla sostenibilità si attesta mediamente al 14%. Mentre, in 9 casi i parametri di sostenibilità sono collegati alla componente di lungo termine, con la quota media della retribuzione riconducibile a fattori ESG pari al 18% del totale. Nella maggior parte dei casi i parametri di riferimento sono di tipo sociale, minoritari quelli ambientali, per lo più generici o collegati alle emissioni di CO2.

Interessante osservare che, l’integrazione di fattori di sostenibilità nelle remunerazioni è più diffusa nelle aziende a partecipazione statale, precisamente in 14 società controllate dallo Stato e/o da autorità locali, pari al 61% delle imprese pubbliche.

Con riferimento ai dirigenti, sono 30 le società che correlano le remunerazioni a fattori ESG, di cui 28 alla remunerazione di breve termine con, nuovamente, un 14% del compenso ancorato a fattori di sostenibilità. Anche in questo caso, le tematiche più frequentemente considerate sono quelle sociali, come la sicurezza sul lavoro, il capitale umano e la soddisfazione della clientela, mentre la tematica ambientale più ricorrente è connessa alle emissioni di CO2. In 7 società la remunerazione di lungo termine dei dirigenti con responsabilità strategiche dipende da parametri di sostenibilità, con una quota mediamente riconducibile al 13% dei compensi totali.

Lo studio rileva, inoltre, che tra il 2017 e il 2018 è passato da 45 a 54 il numero di società che affidano a un comitato la supervisione delle questioni di sostenibilità, attraverso l’istituzione di un comitato ad hoc, il raggruppamento di diversi comitati, o l’assegnazione di funzioni a un comitato preesistente.

Le rilevazioni presentate nel Rapporto sulla Governance della Consob mostrano dei segnali positivi che, tuttavia dato il ruolo fondamentale che le imprese giocano nella transizione green del nostro Paese, non possono ritenersi sufficienti. Quella di ancorare le remunerazioni di amministratori e dirigenti a parametri di sostenibilità specifici e chiari, soprattutto di tipo ambientale, è ancora una pratica poco diffusa tra le quotate italiane e principalmente collegata ai compensi di breve termine. Questa criticità si riflette poi anche nell’attività di reporting delle imprese, dove la trattazione degli aspetti green risulta spesso insufficiente. Sul tema la Fondazione per lo sviluppo sostenibile ha realizzato un’indagine volta ad analizzare il livello di integrazione dei temi ambientali nelle DNF delle imprese italiane, dalla quale sono scaturite 6 Raccomandazioni per il Green Reporting.

Altro dato sul quale riflettere è quello del numero di imprese che nel periodo dal 1 gennaio al 31 dicembre 2019 hanno pubblicato dichiarazioni individuali o consolidata di carattere non finanziario (DNF) relative all’esercizio finanziario 2018. La CONSOB ha reso pubblico lo scorso 21 febbraio l’elenco di tali soggetti e si osserva che, al contrario di quello che ci si sarebbe aspettato, le DNF non sono in crescita rispetto allo scorso anno (il primo di entrata in vigore del decreto legislativo n.254 del 30 dicembre 2016).

Sono infatti 208 le imprese che hanno pubblicato il documento nel 2019, due in meno rispetto all’anno precedente, seppure le dichiarazioni volontarie sono passate da 3 a 5. Resta fermo che il numero di società che hanno pubblicato le DNF nel 2019 è basso in assoluto, si tratta di meno dell’1% del totale delle imprese italiane. Fra le società quotate la percentuale di diffusione è del 65% circa, quindi un terzo delle società quotate italiane non produce questo documento. Nel 2019 la Fondazione per lo sviluppo sostenibile ha realizzato uno studio per valutare

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