di Edo Ronchi
Il riciclo dei rifiuti in Italia, settore nel quale abbiamo fatto grandi passi avanti e dove vantiamo delle vere e proprie eccellenze europee, è in una situazione di allarme. Non so perché se ne parli ancora così poco, ma la questione è rilevante e urgente. Se la situazione non fosse affrontata e risolta con un intervento normativo urgente, nuovi impianti per il riciclo dei rifiuti, pronti ad entrare in esercizio, resterebbero fermi e molti di più, con autorizzazioni all’esercizio in scadenza, sarebbero fermati, con ripercussioni a catena sul ritiro dei rifiuti provenienti dalle raccolte differenziate e sugli accumuli degli stoccaggi che,forse non a caso, sono colpiti da tanti incendi.
Il problema nasce con la Sentenza n.1229 del Consiglio di Stato del 28 febbraio di quest’anno che, richiamando l’applicazione dell’art. 184 ter del decreto legislativo 152/2006, ha stabilito che le Regioni non possono autorizzare la cessazione della qualifica di rifiuto (End of Waste) per i materiali che derivano dai trattamenti di riciclo dei rifiuti, perché tale competenza è mantenuta, dalla norma citata, in capo al Ministero dell’Ambiente che dovrebbe provvedere con propri decreti, salvo i casi regolati a livello europeo, quasi inesistenti.
Quindi la Regione autorizza l’attività dell’impianto di riciclo che però alla fine produrrebbe materiali che resterebbero rifiuti, invece di diventare prodotti vendibili e impiegabili al pari di altri materiali.
La norma per superare questo pasticcio è già stata scritta: attribuisce alle Regioni la competenza di applicare i criteri europei della cessazione della qualifica di rifiuto, “caso per caso”, in assenza di una regolazione nazionale del Ministero dell’Ambiente. Se si temesse una eccessiva diversificazione delle autorizzazioni regionali, si potrebbero rendere anche più dettagliati i criteri comuni statali nella medesima norma, attingendo da un modello già utilizzato e vigente, quello del DM 5 febbraio 1998.
Il problema non è quindi tecnico-giuridico, ma di tempi. Se si dovesse procedere per la via di una legge ordinaria ci vorrebbe, se tutto andasse bene, almeno un anno: un tempo troppo lungo, con conseguenze insostenibili per il riciclo dei rifiuti in Italia.
Né si può pensare di regolare tutti i casi con decreti del Ministero dell’Ambiente: casi che sembravano risolti, dopo lunghi iter istruttori con i decreti “End of waste” – per esempio, ma è non il solo, quello per il riciclo del polverino e del granulo proveniente dagli pneumatici fuori uso – che sembravano pronti, invece non vengono ancora emanati. Accelerare l’iter dei decreti ministeriali “End of waste” è necessario, ma certamente non è sufficiente, serve con urgenza un decreto legge.