In Italia nel settore elettrico diminuiscono le rinnovabili e aumentano le emissioni

di Edo Ronchi 

dal blog HuffingtonPost

Nei primi 7 mesi del 2017 – secondo i dati pubblicati da Terna – la produzione di elettricità da fonti rinnovabili in Italia, rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, è diminuita del 5,4%, scendendo da 62,3 a 58,9 TWh. Poiché la produzione di elettricità è invece aumentata nello stesso periodo da 156,4 a 163,2 TWh, la produzione di elettricità da fonti termiche fossili è cresciuta in questo periodo dell’11,3%.

Il calo dell’elettricità prodotta da fonti rinnovabili deriva dalla riduzione della produzione idroelettrica, dal fatto che il modesto aumento di quella fotovoltaica è stato annullato dal calo di quella da fonte eolica e dallo stallo di quella generata da biomasse. Variazioni nei mesi che mancano a fine anno potrebbero esserci, ma non tali da invertire il segno negativo per le rinnovabili nel 2017. Il che significa che nel settore elettrico italiano anche nel 2017 aumenteranno presumibilmente le emissioni di CO2.

 Il peggioramento delle rinnovabili aveva già provocato l’aumento delle emissioni specifiche di CO2 nel settore elettrico in Italia: secondo i dati ISPRA, dopo ben 25 anni di calo progressivo, le emissioni specifiche hanno infatti cominciato a crescere da 303 grammi di Co2/KWh nel 2014 a 315 nel 2015 e a 331 nel 2016.

La nuova Strategia energetica nazionale (Sen) – nel documento di consultazione del 12 giugno – partendo dal fatto che nel 2015 il contributo delle rinnovabili elettriche era in Italia pari al 33,5% dei consumi finali e il contributo alla generazione pari a circa il 39% (superiore a quello della Germania al 30%), conferma anche per il futuro le scelte fatte dal 2013: blocco di nuovi incentivi per nuovi impianti per le rinnovabili da finanziare in bolletta che hanno raggiunto il tetto nel 2016, con un erogato di circa 14,4 miliardi.

Per la nuova Sen la crescita futura delle rinnovabili elettriche dovrebbe essere compatibile con il contenimento dei costi in bolletta ed essere sostanzialmente basata sulla competitività dei costi di generazione di impianti di grandi dimensione, da fonte eolica e fotovoltaica, che andrebbero verso la “market parity” con le fonti fossili.

Con questa strategia però i conti non tornano. Dopo 25 anni di calo, tre anni di fila di aumento delle emissioni specifiche di CO2 per kilowattora elettrico non sono un’opinione o una previsione, ma un fatto rilevante: arretrando di questo passo nella produzione di elettricità da fonte rinnovabile – scesa al 36% della produzione complessiva nei primi 7 mesi del 2017- potrebbero esserci dubbi perfino sull’obbiettivo, dato per raggiunto, al 2020 e, soprattutto, si allontanerebbe l’attuazione dell’Accordo di Parigi, anche perché i consumi di elettricità, per diversi motivi, compreso l’aumento della mobilità elettrica, hanno ripreso a crescere. Questo trend negativo andrebbe quindi interrotto e per farlo non bastano intenzioni, ma servono nuove misure.

Sarebbe possibile accelerare, come necessario, lo sviluppo delle rinnovabili elettriche non caricando ulteriori incentivi sulle bollette solo correggendo il mercato – in modo che riconosca i costi dei danni prodotti dalla crisi climatica alimentata dalle emissioni di CO2 – introducendo una forma adeguata di carbon pricing.

Altrimenti si fermerebbe lo sviluppo delle rinnovabili non riconoscendone il reale valore e consentendo a chi emette CO2, usando fonti fossili, di continuare a farlo gratis e di essere più competitivo. Come sta accadendo in Italia dove si sta facendo fronte all’aumento dei consumi di elettricità con l’aumento della produzione da fonti fossili e con l’aumento delle emissioni di gas serra.


Articolo originale pubblicato su Huffington Post Blog in data 08/09/2017
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