La Francia, l’Europa e la sfida ambientale

di Edo Ronchi

dal blog HuffingtonPost

Il presidente Macron si è candidato a guidare un rilancio dell’Unione Europea: progetto per il quale non sembra, al momento, godere di forti sostegni negli altri Paesi europei, mentre sembrerebbe in calo di consensi anche in patria. La coincidenza fra la lunga recessione economica e le difficoltà politiche, di credibilità e fiducia, dell’Europa non è puramente temporale; l’Europa ha perso la spinta propulsiva della crescita del benessere e dell’inclusione sociale che aveva contribuito ad assicurare per decenni. La chiave del rilancio europeo dovrebbe quindi essere un nuovo progetto di sviluppo sostenibile, in grado di promuovere un miglior benessere, più esteso e inclusivo, per i cittadini europei.

La globalizzazione del tradizionale sviluppo sta, infatti, incontrando ostacoli climatici, di risorse disponibili e di capacità di inclusione sociale. La fase più acuta della recessione economica internazionale è superata, ma non si sta affermando una nuova fase di sviluppo ecologicamente sostenibile e inclusiva. Assistiamo invece al convergere – non casule – di iniziative protezioniste, di chiusure nazionaliste, di indebolimento dello spirito comunitario europeo e della collaborazione multilaterale e di difficoltà attuative dell’Accordo di Parigi sul clima, mentre le emissioni globali hanno ripreso a crescere.

Sembrava che il presidente Macron avesse colto la centralità per un rilancio europeo di un nuovo progetto di sviluppo sostenibile, quando aveva posto fra le sue priorità programmatiche la “transizione ecologica” e nominato, quale ministro strategico per avviare tale transizione, Nicolas Hulot. In genere gli organi di informazione hanno parlato di Hulot come presentatore di un popolare programma televisivo e ministro dell’Ambiente. In realtà è molto di più: fra i più competenti e credibili ecologisti francesi, aveva, fra l’altro, guidato la complessa trattativa internazionale, per conto del Presidente Hollande, che ha portato all’Accordo di Parigi per il clima. Il suo super Ministero per la transizione ecologica e solidale, con un budget di ben 35 miliardi di euro, era competente per lo sviluppo sostenibile, l’ambiente, le tecnologie verdi, la transizione energetica e l’energia, il clima, i trasporti e le infrastrutture e la gestione delle risorse.

Hulot era l’uomo giusto per fare dell’ambiente la leva, una delle poche ancora disponibili, per cambiare l’attuale sviluppo ormai insostenibile per il clima, le risorse disponibili e le crescenti disuguaglianze e le estese esclusioni sociali: per fare della sfida climatica l’occasione di una rivoluzione energetica, per cogliere le potenzialità dell’eco-innovazione, per abbandonare l’economia lineare e passare a un modello circolare e per dare un forte impulso alla transizione alla green economy fondata sull’elevata qualità ecologica e un benessere inclusivo e di migliore qualità.

Le dimissioni di Hulot dal Governo francese sono un pessimo segnale non solo per gli ecologisti europei, ma per quanti ancora sperano in un cambiamento dell’Europa. E soprattutto è una critica a Macron: non si rilancia l’Europa con le vecchie idee economiche che hanno contribuito a metterla in crisi.


Articolo originale pubblicato su Huffington Post Blog in data 31/08/2018

 

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