Biodiversità: calato il sipario sulla COP15, si contano successi e criticità

COP15 biodiversità

Calato il sipario sulla Conferenza Onu sulla biodiversità, la Cop 15, si tirano le somme sugli obiettivi raggiunti e sulle debolezze dell’accordo che impegna i 196 paesi che lo hanno firmato a Montreal.

La parte più significativa dell’intesa è l’impegno a proteggere il 30% delle terre e delle acque del Pianeta entro il 2030, il cosiddetto obiettivo 30-30, attualmente sono protette il 17% delle aree terrestri e il 10% di quelle marine. Altri punti chiavi dell’accordo sono l’obiettivo di risanare il 30% degli ecosistemi degradati, il riconoscimento dei diritti delle popolazioni indigene; la riduzione del rischio da pesticidi di almeno il 50% entro il 2030; l’impegno dei paesi sviluppati a stanziare 20 miliardi di dollari all’anno dal 2025, e 30 miliardi dal 2030, in aiuti ai paesi poveri per la tutela della natura e ad eliminare i sussidi dannosi per la natura. Impegni che hanno fatto dire al segretario generale dell’Onu, Antonio Guterres che è stato raggiunto “un patto di pace con la natura“.

Punto sempre molto controverso è stato quello che riguarda la finanza riproponendo  lo scontro causato dal divario economico tra Nord e Sud del mondo: in cambio dei loro sforzi, i Paesi meno sviluppati chiedevano ai Paesi ricchi 100 miliardi di dollari all’anno, ovvero almeno 10 volte l’attuale aiuto internazionale per la biodiversità e spingevano anche fortemente per la creazione di un Fondo globale dedicato alla biodiversità, come quello ottenuto a novembre in Egitto sul clima, per aiutarli a fronteggiare i danni climatici. Appelli che però sono restati inascoltati. Hanno deluso anche gli impegni troppo deboli su questioni come il consumo e l’uso di pesticidi. Ed anche la decisione di non includere la frase “nature positive” che è considerata per la biodiversità l’equivalente di net zero. Anche la gestione della Conferenza da parte della presidenza cinese non è piaciuta ad alcuni grandi paesi africani: dopo una trattativa estenuante, il Presidente ha dichiarato, infatti, approvato il documento finale, nonostante la Repubblica Democratica del Congo continuasse a chiedere più fondi dai paesi ricchi. Il negoziatore del Camerun ha parlato di “colpo di mano” e quello quello dell’Uganda addirittura di “frode“. E gli ambientalisti denunciano che l’obiettivo 30-30 così com è, “è solo un numero vuoto, con tutele solo sulla carta“.

Prima della prossima COP nel 2024, tutti i paesi dovranno preparare strategie e piani d’azione nazionali aggiornati per la biodiversità, nonché strategie nazionali di finanziamento della biodiversità. Le prossime COP valuteranno se l’impatto delle azioni nazionali sia sufficiente per raggiungere gli obiettivi e i traguardi globali per il 2030 e il 2050.

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