
Il 78% dei rifiuti tessili prodotti in Europa finiscono inceneriti o in discarica. Percentuale che in Italia arriva all’81%. Questi dati sono stati presentati da Massimiliano Lanz, direttore del Centro nazionale rifiuti e economia circolare dell’Ispra, l’Istituto superiore per la protezione e ricerca ambientale, intervenuto in Commissione Ambiente della Camera sul tema della responsabilità estesa del produttore nella gestione dei rifiuti nel settore tessile. “In Italia la raccolta differenziata dei rifiuti tessili è intorno al 19%, un valore leggermente inferiore alla media Ue del 22%”, ha spiegato il ricercatore.
Nel 2023, 172 mila tonnellate di rifiuti tessili sono state avviate a raccolta differenziata. Il 7,1% in più rispetto al 2022. Un miglioramento significativo ma ancora del tutto marginale rispetto ai numeri, imponenti, della produzione di rifiuti. Con una produzione totale di 900 mila tonnellate annue di rifiuti tessili nel settore urbano. “Il dato pro-capite è di 15 chilogrammi per abitante all’anno di rifiuti tessili – ha aggiunto Lanz – in linea con il dato dell’Agenzia per l’ambiente europea che ha rilevato su scala continentale un ammontare da 16 chilogrammi per abitante all’anno”.
Rifiuti tessili: “manca una vera prevenzione”
Secondo Lanz. la produzione di rifiuti tessili vede un “disaccoppiamento relativo” dagli indicatori economici: “La produzione cresce più lentamente ma non c’è una vera prevenzione”. E non c’è prevenzione perché la produzione di rifiuti è continuamente alimentata dal fenomeno della fast fashion: acquisti molto più frequenti, minor qualità delle fibre impiegate e quindi minor tempo di utilizzo dei capi. Una tendenza devastante se si considera quanto l’abbigliamento sia “ad alta intensità di consumo risorse, usate però soprattutto al di fuori dell’Ue, quindi l’impatto è mondiale”.
Nella revisione della Direttiva quadro sui rifiuti, la Commissione Europea ha inserito l’obbligo di predisporre un sistema di responsabilità estesa del produttore per i rifiuti tessili in tutti gli Stati membri. Al momento, l’iter di approvazione è arrivato alla fase del trilogo, ovvero la negoziazione tra Parlamento, Consiglio e Commissione. Non è chiaro quindi quando tale obbligo dovrebbe scattare. La proposta iniziale della Commissione aveva stabilito entro 18 mesi dall’entrata in vigore della direttiva. Dal primo gennaio invece è entrato in vigore in tutta Europa l’obbligo della raccolta differenziata dei rifiuti tessili. In Italia c’è dal 2022.
Nel Regolamento Ecodesign il divieto di distruggere abiti invenduti
Un’altra normativa europea che incide sui rifiuti tessili è il Regolamento Ecodesign che ha stabilito il divieto di distruzione di calzature e capi di abbigliamento invenduti (divieto che progressivamente verrà esteso ad altre tipologie di prodotti). Uno studio dell’European Environment Agency stima che tra il 4 e il 9% degli indumenti commercializzati in Europa vengano distrutti senza essere mai utilizzati. In termini assoluti, parliamo di una forchetta che va dalle 264 mila alle 594 mila tonnellate tra abiti, accessori e scarpe invenduti o restituiti che finiscono in discarica.
Articolo originale pubblicarto sul sito del Circular Economy Network



